Catechesi nell'arte - L'evangelista Matteo
Se ne fa memoria il 21 settembre - Forte legame con Genova
Rappresentato mentre scrive il Vangelo ispirato dall’angelo, (in origine la figura della visione di Ezechiele, cui gli artisti hanno aggiunto le ali) a lui abbinato perché il suo Vangelo inizia con la genealogia di Gesù. Come apostolo i suoi attributi sono il libro e l’alabarda, strumento del martirio. Matteo, Levi per gli evangelisti Marco e Luca, era un ebreo che lavorava per i romani come esattore delle tasse, un pubblicano e come tale mal visto dalla popolazione.
Venne chiamato da Gesù, come racconta egli stesso (Mt 9, 9), mentre compiva il suo lavoro di esattore. Scrisse il suo Vangelo, (particolarmente incentrato sulla figura di Gesù e sull’atteggiamento che deve assumere chi diventa un suo discepolo) nella seconda metà del I secolo, probabilmente in Siria, dove si era recato per evangelizzare.
Non vi sono notizie certe sulle circostanze e sul luogo del martirio, avvenuto, secondo fonti apocrife, in Etiopia. Matteo sarebbe stato ucciso presso un altare, per essersi opposto al matrimonio della figlia del re Egippo che, convertita al cristianesimo, era diventata badessa.
Tra le raffigurazioni che riguardano Matteo la più diffusa è quella della chiamata di Gesù mentre il futuro apostolo è intento a contare avidamente il denaro.
La più celebre rappresentazione di questo momento – la “Vocazione di San Matteo” (1590-1600) - è opera di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio e si trova nella chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma. All’interno di una ampia stanza, intorno ad un piccolo tavolo quadrato vi sono cinque personaggi. A sinistra, un giovane è chinato sul piano ed è intento a contare le monete sparse di fronte a sé. Ha i capelli folti e scuri che gli coprono parte del volto. La sua attenzione è completamente assorbita dal denaro che sta, avidamente, contando. Alla sua sinistra si trova un uomo più anziano, vestito con un abito pesante. Con la mano sinistra tiene sul naso un paio di occhiali con i quali osserva con attenzione l’attività del giovane. Al centro, frontalmente al piano pittorico, un altro uomo con una folta barba chiara e un copricapo a forma di basco, indica a sinistra e osserva i nuovi entrati. All’estremità opposta del tavolo, a destra, siedono due adolescenti vestiti da militi. Quello di spalle, seduto su di una panca, indossa una divisa scura con le maniche a strisce bianche. Porta un cappello piumato e al fianco sinistro una lunga spada. Il ragazzo seduto di fronte a lui è molto più giovane e indossa una divisa gialla e rossa e un cappello con piume bianche. Tutti e due si voltano incuriositi verso i due uomini entrati da destra. Nella stanza, improvvisamente, entra un raggio di luce insieme a Gesù. I due uomini sono l’Apostolo Pietro e Gesù, identificato con un’aureola lineare che si libra sul suo capo. San Pietro è raffigurato di schiena, con il volto orientato a sinistra e la mano destra indicante uno dei personaggi seduti intorno al tavolo. Cristo, invece, indica chiaramente verso il fondo. Il suo volto, di profilo, ha un’espressione serena e sicura nel chiamare a sé il futuro apostolo Matteo. Cristo e Pietro indossano tuniche e mantelli, gli altri personaggi, invece, abiti contemporanei alla realizzazione del dipinto. In alto, sulla parete spoglia, si trova una finestra dagli scuri aperti ed i vetri anneriti ed opachi.
Il dipinto raffigura il momento, narrato nei Vangeli, nel quale Gesù incontra Matteo, impegnato nel suo lavoro, e lo invita a seguirlo nella predicazione.
Matteo era un esattore delle tasse, quindi, legato ad un’attività materiale e molto distante dalla spiritualità predicata dal Messia. Nel dipinto non è chiaro chi sia Matteo. Tradizionalmente, secondo alcuni storici è l’uomo con la folta barba che indica a sinistra. Recentemente è stata proposta l’ipotesi che, invece, Matteo sia il ragazzo seduto a capotavola, su di una sedia con la spalliera ricurva. La luce direzionata, che proviene da destra, dall’alto, simboleggia la luce della misericordia divina. La sua fonte è coincidente con l’alto dei cieli, Dio Padre, la provenienza a destra, invece, con l’ingresso di Cristo.
San Matteo e Genova
A Genova al Santo che celebriamo il 21 settembre è dedicata la chiesa fondata dalla famiglia Doria. La chiesa di San Matteo fu fondata nel 1125 da Martino Doria come chiesa gentilizia della propria famiglia.
Martino Doria, entrato nei frati benedettini dell'abbazia di San Fruttuoso di Capodimonte dopo essere rimasto vedovo, ottenne dal Vescovo Sigifredo di poter costruire una piccola chiesa su terreni di proprietà della famiglia nei pressi della Cattedrale di San Lorenzo. L'intitolazione della nuova chiesa a San Matteo era legata alla sua professione di gabelliere, proprio come i Doria, che pertanto ne fecero il loro patrono.
La chiesa, in stile romanico, fu consacrata nel 1132 dal Vescovo Siro II alla presenza di Papa Innocenzo II; fu inizialmente un priorato dipendente dall'abbazia di San Fruttuoso di Capodimonte, mentre il giuspatronato ed il diritto parrocchiale dei Doria, anche se di fatto esercitati fin dalle origini, sarebbero stati sanciti ufficialmente solo nel 1413 con due bolle di Giovanni XXIII.
La chiesa venne completamente ricostruita nel 1278, arretrandone la facciata rispetto alla precedente chiesa romanica. La nuova chiesa, in stile gotico, più grande della precedente, venne realizzata nello stesso stile dei palazzi della famiglia, con i quali è direttamente collegata e dei quali riprende le arcate ogivali e il paramento a strisce bianche e nere, realizzato alternando marmo bianco e pietra di Promontorio; a sottolineare il suo ruolo di centro prestigioso della consorteria sulle liste di marmo bianco sono descritte le imprese della famiglia Doria.
L'edificio fu rinnovato a metà del XVI secolo per volere di Andrea Doria: tra il 1543 e il 1547 Giovanni Angelo Montorsoli provvide alla ristrutturazione e decorazione del presbiterio e della cupola ed alla realizzazione della sottostante cripta, poi tra il 1557 e il 1559 su progetto di Giovan Battista Castello vennero radicalmente modificate le navate e, con la collaborazione di Luca Cambiaso, fu realizzata la decorazione, raffigurante episodi della vita di San Matteo.
Nella foto: Caravaggio, Vocazione di San Matteo
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