Comunità diocesana
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L’accoglienza cubana a Francesco e Gabriele

Ultima tappa del racconto di viaggio di don Fully con i Diaconi Francesco e Gabriele

L’accoglienza cubana a Francesco e Gabriele

Ecco la terza e ultima parte della testimonianza di don Fully Doragrossa, Rettore del Seminario Arcivescovile, che si è recato a Cuba, nella missione interdiocesana, con i diaconi Gabriele Barbieri e Francesco Quell’Oller per un’esperienza missionaria nell'ambito della formazione al presbiterato.

Ed eccoci dunque a raccontare il prosieguo delle esperienze missionarie dei nostri diaconi “transeunti” Don Gabriele Barbieri e don Francesco Quell’Oller.
Rientrati lunedì 13 gennaio dall’Africa, il tempo di ricaricare le pile e soprattutto riempire le valige per partire, venerdì 17, per la missione a Cuba.
Partiamo per Malpensa e via Madrid atterriamo all’Habana. Altro sbalzo freddo-caldo. Le valige passano con la solita lentezza e fatica, ma ricche di aiuti per le parrocchie e per la gente di Cuba: medicine, strumenti pastorali, liturgici, e ogni sorta di oggettistica richiesta a gran voce da un paese dove manca tutto. Ci aspetta la casa delle suore a Santo Domingo, preparata da Don Federico Tavella che in questo momento affianca don Paolo Benvenuto sostituendo don Claudio di Chiavari. Giunti alle due di notte, il mattino presto si parte per Santa Clara, dove incontriamo il Vescovo Mons. Arturo Gonzalez Amador. Desideriamo che l’esperienza dei nostri diaconi sia altamente significativa e possa far assaporare la dolcezza del giogo missionario e non solo l’asprezza del sacrificio, della mancanza di cibo.
I primi giorni trascorreranno, come dimostrano le foto, accompagnati dal sottoscritto a visitare la sua antica parrocchia di Esperanza col parroco Padre Obel, alcune comunità e tante famiglie con bimbi e bimbe mai dimenticati e aiutati anche grazie all’aiuto della associazione La Sei e della Nuova Oregina Calcio.

Si cammina avanti e indietro per la “caretera central” specie nei “campos” e per le strade del paese, dove si tocca con mano cosa vuol dire vivere in mezzo alla gente. Dopo questi primi giorni i diaconi andranno un mese a vivere con padre Neldo Hernandez Alonso, Vicario Episcopale ma giovane prete cubano che li accoglierà in canonica, la canonica della splendida chiesa di Remedio, una delle città fondative di Cuba che ha più di 500 anni.
Qua, senza più il paracadute di un italiano al fianco, dovranno cavarsela, apprendere la lingua, sapersela cavare e vivere una vera esperienza missionaria, una parrocchia con 50.000 abitanti, 11 case di missione… e un solo prete! Non dubitiamo che questi due giovani ce la faranno splendidamente. Terminata l’esperienza arriverà a far loro compagnia il vice rettore don Tommaso Danovaro. Io sono rientrato il 25 gennaio. Con don Tommaso e lo stesso Vescovo, ai due diaconi verrà proposto un viaggio al Cobre, il cuore della spiritualità cubana, occasione rara, e sarà di certo indimenticabile.

Dopodiché saranno con il vescovo ancora per una settimana, visitando quelle comunità parrocchiali assai lontane della diocesi, che, in attesa di un presbitero, vengono affidate a comunità di religiose. I diaconi ci racconteranno queste esperimentazioni pastorali. Vivranno anche una singolare esperienza: stare in casa col Vescovo. Non capita a tutti sperimentare la fraternità presbiterale così intensamente.

A marzo infine arriverà don Piero Pigollo con due missionari laici; i nostri eroi rientreranno alla casa delle suore a Santo Domingo dove, con Don Paolo e Don Piero, conosceranno la parrocchia della missione genovese.

Come detto, nei primi giorni i nostri diaconi hanno preso contatto con la realtà cubana della parrocchia di Esperanza vivendo e mangiando nelle case dei cubani, celebrando a Esperanza o a Jicotea, le due grandi chiese dove dal 2012 al 2016 ero stato parroco.
Hanno potuto subito confrontarsi con i tremendi “apagones”, la mancanza di luce elettrica. E poi hanno ascoltato la lamentela continua sui prezzi che salgono, sugli stipendi assolutamente insufficienti, che permettono di comprare a malapena due cartoni di uova con lo stipendio di un mese. La follia di un paese ricchissimo di terra costretto a farsi dare il riso in beneficenza.
La decadenza di una sanità dove il medico e l’infermiera sono fra i più qualificati al mondo ma ti opereranno solo se tu ti porti il bisturi, il disinfettante, la flebo, il catetere, l’antibiotico, l’antidolorifico, il filo e i punti per cucire, le lenzuola, il cibo, la protesi se serve. Più che sanità pubblica è sanità bricolage, fai da te.

Anche la scuola non se la passa meglio, visto che i giovani maestri e professori - se possono - se ne sono andati, e i sostituti vengono presi un po’ come capita. Al contrario dell’Africa, Cuba ha scuole pubbliche ovunque ma magari la maestra è la ragazzina appena maturata dal liceo che vive vicino alla scuola e può andarci anche quando i (già rari) trasporti pubblici sono bloccati perché non c’è benzina.

E poi la criminalità della povertà, con i furti di maiali, mucche, cibo, danaro in forte aumento. Nulla in confronto con le razzie africane, però il paradiso caraibico, se già da tempo non era più un paradiso, sempre più rischia di avvicinarsi a un incubo. In questo mondo si sono calati i nostri diaconi, unitamente però, a una accoglienza e a un calore umano “cubano”.

Sempre accolti a braccia aperte, sempre invitati a sedersi a prendere il “cafesito” immancabile.
L’umanità, la dolcezza, il sorriso cubano non ti lasciano indifferente. Le chiacchierate al “sillon” danno nuova idea del tempo. Ho lasciato i due diaconi con un po’ di magone (è un mese che viviamo gomito a gomito!) ma contento di vedere due giovani uomini lanciarsi nel mare della vita, due consacrati lanciarsi sulle orme di Gesù. Dove li porterà? Venite e vedrete!
*Rettore
Seminario Arcivescovile

Fonte: Il Cittadino
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