Avvio del Giubileo. Padre Marco Tasca: «Non diamo a nessuno il permesso di toglierci la speranza»
Intervista all'Arcivescovo di Genova - GUARDA IL VIDEO
A margine della celebrazione di apertura dell'Anno Santo in Diocesi abbiamo incontrato Mons. Marco Tasca, Arcivescovo di Genova.
Padre Marco, inizia l'Anno Santo che il Papa dedica alla speranza. Che valore ha per i cristiani e che messaggio può dare anche ai non credenti e a coloro che si sono allontanati dalla fede?
La speranza è al centro di questo Anno giubilare, e per me è un'intuizione veramente formidabile. Oggi ci accorgiamo di quanta gente vive senza speranza, senza uno scopo, senza guardare avanti e senza avere un obiettivo. Mettendo al centro la speranza, il Papa ci dice: coraggio! Mettiamoci insieme a cercare come vivere meglio in questo mondo, come dare spazio alle dimensioni più profondamente umane che forse tante volte nella nostra vita vengono messe in second'ordine. Diamoci dello spazio per noi stessi, per le nostre famiglie, per la nostra interiorità al di là della fede. Poniamoci le domande fondamentali della vita, domande che sono inevitabili.
Il Papa aprendo la Porta Santa del Carcere di Rebibbia ha raccomandato di rimanere ancorati alla corda della speranza anche quando le mani fanno male. Come si fa a non perdere la speranza oggi e come si può essere “portatori di speranza” di fronte a scenari di povertà, guerre e disuguaglianze?
Il Papa ha avuto un'intuizione bellissima, l'apertura della Porta Santa in un carcere. C'è speranza anche qui! Certo! Non diamo a nessuno il permesso di toglierci la speranza. C'è sempre una possibilità. Il tempo del carcere deve essere un tempo che permetta di ricominciare una vita, ricominciare ad avere dei progetti, dei sogni. Come Chiesa e come società civile dobbiamo impegnarci in questo.
Siamo alla vigilia della Giornata Mondiale della Pace. Nei suoi messaggi natalizi il Papa è tornato nuovamente e con fermezza ad invocare la pace, il dialogo e la riconciliazione e ha fatto un appello affinché si lavori al disarmo. Anche la Chiesa genovese, attraverso il Tavolo Giustizia e Solidarietà, ha diffuso recentemente un appello alla pace e alla fine della corsa agli armamenti. Ma come si educa alla pace, come se ne parla, in un mondo dove si aprono ogni giorno nuovi scenari di guerra?
Credo che l'unica persona che parli di pace in maniera continuativa sia il Papa. È l'unica persona oggi che parla di pace in maniera pervicace! Di questo rendo grazie al Papa, che ci dà sempre questa linea: la pace è la cosa più importante. Il documento elaborato da Tavolo Giustizia e Solidarietà è un invito ad essere oggi costruttori di pace. Nel testo si parla della necessità del disarmo, anche delle menti e dei cuori. Ognuno di noi deve essere uomo di pace, costruire relazioni di pace oggi. Diversamente saremo sempre uomini "armati". Il cuore deve essere in pace, è questo il grande dono da chiedere all'inizio di questo nuovo anno.
La Diocesi di Genova ha predisposto, per questo Anno santo, una serie di iniziative ed eventi che permetteranno anche a chi non potrà andare a Roma di mettersi in cammino come “Pellegrini di speranza”. Il Giubileo costituisce un’occasione per aumentare il senso di appartenenza e partecipazione alla vita della comunità diocesana?
Sì. Oggi abbiamo un grande dono: vivere l'inizio del Giubileo nella Diocesi, che è un insieme di famiglie. Le parrocchie, i Vicariati, le zone, inseriti nella famiglia della Diocesi che è a sua volta inserita nella Chiesa italiana e quindi nella Chiesa mondiale. Dobbiamo riscoprire questo legame. Nessuno è solo, nessuno può vivere da solo la sua appartenenza alla parrocchia, al vicariato, alla zona... No! Siamo tutti chiamati a sentirci parte di questa grandissima e bella famiglia, inseriti in un cammino che ci vede insieme, uniti dalla fede.
Qui il video dell'intervista.
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