Verso la 50ma Settimana Sociale dei Cattolici in Italia
"Al cuore della democrazia", a Trieste nel luglio 2024
È stato presentato all’Università Cattolica di Milano il Documento preparatorio della 50ª edizione della Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, che si svolgerà a Trieste dal 3 al 7 luglio 2024.
“Al cuore della democrazia”. Questo è il titolo. “Partecipare tra storia e futuro”, questo è il sottotitolo.
La parola chiave è dunque «partecipazione». Ma al centro di tutto ancora una volta mettiamo la persona. Perché alla fine quello che ci sta veramente a cuore (o almeno dovrebbe) è la vita di ogni persona. È la tensione che noi credenti dovremmo avere perché ogni vita ha ed è un valore, perché non possiamo e non dobbiamo più tollerare che dilaghino in maniera sempre più evidente (e consentita o sostenuta) atteggiamenti e scelte contrarie al rispetto della vita, della persona.
Contrarie a quel bene comune che dovrebbe governare il nostro (universale) vivere comune. Se qualcuno alza la voce invocando “tolleranza zero” a proposito di uno dei fenomeni più tristi e preoccupanti di questo fine estate (i migranti) noi “credenti” dovremmo alzare i toni della nostra testimonianza e presenza non tollerando scarti, discriminazioni e disuguaglianze ma partecipando di più alla vita sociale e politica del paese.
E le settimane sociali a questo dovrebbero servire. Ancora una volta ci diciamo che non si tratta di una serie di eventi, di un bel riunirsi per condividere il solito bla bla fatto di buoni principi e buone intenzioni.
Si tratta di calare nei territori, nelle nostre realtà ecclesiali e sociali percorsi attivi a favore del bene di tutti. Sappiamo bene che questo sarà possibile solo se ci sarà una partecipazione corale. Solo se ci si impegna in una dimensione di popolo. “Un popolo - come ha detto il Vescovo di Catania - che da più di cento anni cerca di vivere la cittadinanza, la presenza, la ricchezza dei valori che lo caratterizzano nel nostro Paese e nell’Europa, con lo sguardo aperto sul mondo».
E questo sguardo può essere quanto mai reale, perché le settimane sono un appuntamento che si colloca all’interno del Cammino sinodale della Chiesa italiana e di quella universale, con la prospettiva di raggiungere il Giubileo del 2025. Ecco: la prospettiva! Insieme per nuove prospettive in un paese dalle visioni corte, da scelte tampone sempre riferite all’oggi (per lo più nella dimensione della convenienza e del potere che si ha in mano) e mai al domani e soprattutto al dopo domani.
Senza visioni di futuro non si va da nessuna parte! Per questo è quanto mai necessario coinvolgersi. Condividere quanto già esiste di positivo e costruttivo. Far emergere le buone pratiche che alla fine, spesso nel silenzio, reggono il paese. Apriamo pure le porte (diciamo pure così!) a provvedimenti e soluzioni tanto drastiche quanto avvilenti per fermare i migranti, guardandoci bene dal pensare soluzioni verso quegli aspetti che ne determinano le cause delle fughe, ma intanto apriamo i cuori! Equilibrio e giustizia nell’affrontare questioni pesanti non reggono se sono dominate dalla paura, dalla fretta. Occorre un supplemento di cuore che non significa pietismo ma comprensione dei fenomeni, rispetto e quella assunzione di responsabilità che richiede dialogo sincero e considerazione di quanto di buono e di quelle proposte che da tempo nascono da coloro, da quegli enti e associazioni che sono sul campo.
Tavoli di confronto che se valgono per la impellente questione dei migranti valgono per altri temi (culturali, educativi) che non possono essere affrontati e risolti con provvedimenti “disciplinari”. L’Arcivescovo Renna – in presentazione delle Settimane sociali- esprimendosi in maniera molto ottimistica ha detto: «I credenti si sentono corresponsabili della vita del Paese». Tocca a noi realizzare questa affermazione. Possiamo farlo? Come ha chiosato Elena Granata, docente al Politecnico di Milano e vicepresidente del Comitato organizzatore, «la questione è saper leggere i segni del nostro tempo», ed essere consapevoli che è di tutti il “potere” di provare a cambiare le cose, cioè persone capaci di comprendere i bisogni, di interagire per dare una soluzione, ma anche operando in modo politico per soluzioni non solo legate all’emergenza».
Proprio perché non si vuole che le Settimane sociali diventino pura accademia, è dunque prevista una fase territoriale (diciamo pure diocesana, cittadina) dell’appuntamento ecclesiale.
Una fase di lettura e di comprensione della realtà, una condivisione del “buono” esistente e, in sintonia con il cammino nazionale, imparare a “compartecipare” per generare quel futuro che sa di Vangelo, unica speranza certa per tutti.
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