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Giornata del Migrante e del Rifugiato - Mons. Gian Carlo Perego: l'accoglienza diffusa è la strada da seguire

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Giornata del Migrante e del Rifugiato - Mons. Gian Carlo Perego: l'accoglienza diffusa è la strada da seguire

Mons. Gian Carlo Perego è Arcivescovo di Ferrara-Comacchio, Presidente della Commissione Episcopale per le Migrazioni della Conferenza Episcopale Italiana e della Fondazione Migrantes. Lo abbiamo intervistato sui temi della 109a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato.

Mons. Perego, il Messaggio di Papa Francesco per questa Giornata Mondiale si intitola "Liberi di scegliere se migrare o restare" e riprende la campagna della Cei "Liberi di partire, liberi di restare" che dal 2017 al 2022 ha impiegato oltre 30 milioni dell'8xmille su più di 130 progetti. Il progetto di bloccare le partenze, l'assegnazione alle navi delle ONG di porti di approdo lontani, la limitazione della protezione speciale per le persone migranti e del sostegno economico ai percorsi di integrazione sono tratti caratterizzanti del governo di centro-destra, espressione della maggioranza democratica nel Paese. Quanto incidono le campagne ecclesiali e il Magistero della Chiesa nella cultura sociale italiana?
Devo dire che Magistero della Chiesa e campagne ecclesiali vogliono anzitutto sensibilizzare i fedeli su una serie di problemi, in questo caso legati al mondo delle persone migranti, dei rifugiati e richiedenti asilo, prospettando non solo annunci e parole importanti, che si riferiscono al nostro stile di vita e alla dignità della persona, ma soprattutto coniugando le parole ai fatti.
La campagna “Liberi di partire, liberi di restare” ha realizzato 130 progetti nei paesi di partenza e di transito e, attraverso canali umanitari, ha salvaguardato i percorsi migratori dove tante volte avvengono violenze e morti. Tutto questo certamente ha un valore non solo sul piano ecclesiale ma anche sul piano culturale e politico.
È chiaro che poi tocca alla cultura e alla politica considerare importanti questi aspetti e in tante occasioni ciò è avvenuto in passato.

Nelle scorse settimane Caritas Italiana e CEI hanno richiamato l'Italia - e l'Europa - alla necessità di affrontare il tema migratorio con politiche non emergenziali ma strutturali. Cosa manca al nostro Paese per accogliere e integrare strutturalmente? E cosa serve per restituire alle persone migranti anche la libertà di tornare in patria?
Sono 10 anni che come Caritas, Migrantes, Conferenza Episcopale abbiamo sposato il modello dell’accoglienza diffusa, perché riteniamo che sia stata fallimentare la nascita di quei grandi campi profughi e di richiedenti asilo che sono stati uno spreco di risorse e non hanno ottenuto alcun tipo di tutela per le persone.
Rispetto al sistema dell’accoglienza attuale, è importante che al numero di posti dei Centri di Accoglienza Straordinaria, i CAS, corrisponda un numero uguale nel Sistema di Accoglienza e Integrazione, il SAI, perché non si può fare un’accoglienza delle persone senza un programma e un progetto, che esso sia di rientro nel proprio paese o di integrazione e inclusione sociale in Italia valorizzando le competenze.
Questo anche per i minori non accompagnati per i quali la legge Zampa del 2017 ha previsto uno specifico percorso di inserimento sociale.

In questo quadro, sappiamo che il percorso di accoglienza diffusa non crea disagio sociale, non dà l’impressione di persone abbandonate a sé stesse, non suscita allarmismo sociale né sensazione di insicurezza. Riteniamo che l’accoglienza diffusa, con il protagonismo dei Comuni, del mondo del volontariato, della scuola e delle realtà del territorio, sia la modalità più adeguata per far sì che, dopo una prima accoglienza, si crei da subito un percorso di valorizzazione di esperienze e di persone. 

Parlando di cooperazione, il Governo Meloni ha annunciato un "Piano Mattei" e la Commissione Europea ha proposto iniziative e investimenti per sostenere la transizione ecologica e lo sviluppo sostenibile anche nel continente africano. Nel suo intervento in preparazione a questa Giornata, lei ha ricordato però che la libertà di restare o tornare nei propri paesi “può essere facilitata da una cooperazione che predilige i microprogetti ai macroprogetti, come ricordava Benedetto XVI nella Caritas in veritate”. Due visioni alternative o due livelli diversi del problema?
Sono due elementi che devono camminare insieme. I macroprogetti sono progetti “di sistema”, economico, agrario, delle comunicazioni, degli assi viari e così via. Un sistema che anche l’Italia utilizzò quando nel dopoguerra la Democrazia Cristiana statalizzò le strade, l’acqua, le sanità, la scuola, i beni essenziali. 

Dal 2007 l’Europa lavora ad un piano che coinvolge 79 Paesi africani e che nel 2022 ha visto l’impegno di 150 miliardi di euro, la distribuzione di 450 milioni di vaccini e altri interventi sulla sicurezza di queste popolazioni: insomma un’azione di sistema su beni fondamentali.
I microprogetti, invece, sono tutte quelle azioni che nascono sui territori, grazie alle tantissime ONG, ai missionari, ai cooperatori allo sviluppo e si concentrano sui bisogni essenziali del villaggio, delle persone e delle famiglie.

Fonte: Il Cittadino
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