Montalbano, 20 anni e non sentirli; in onda due nuovi episodi
Nel 2018 si è toccato il record di 12milioni di spettatori, più del 44% di share
Come lui nessuno mai. È proprio il caso di dire che “Il Commissario Montalbano” è un fenomeno speciale nella televisione italiana ma anche a livello internazionale, in onda negli Stati Uniti, in Australia, Asia, America Latina e in tutta Europa, anche sull’“impenetrabile” BBC in Inghilterra. Andranno in onda l’11 e il 18 febbraio su Rai Uno, in due prime serate evento, i due nuovi film tv “L’altro capo del filo” e “Un diario del ‘43”, una produzione sempre di Carlo Degli Esposti con la sua Palomar e di Rai Fiction, dalla penna ovviamente di Andrea Camilleri.
Nella presentazione ufficiale in Rai, grandi festeggiamenti per i 20 anni del “Commissario”, richiamando i 34 titoli sinora realizzati – 24 trasposizioni dai romanzi e 10 adattamenti dai racconti –, i 190 passaggi tv sommando le repliche, per un totale di oltre 1miliardo e 179milioni di spettatori solo nel nostro Paese. Per non parlare poi dei dati d’ascolto: nel 2018 si è toccato il record di 12milioni di spettatori, più del 44% di share.
Dal romanzo omonimo di Andrea Camilleri, il film “L’altro capo del filo” è stato sceneggiato ancora una volta da Francesco Bruni insieme a Salvatore De Mola e Leonardo Marini. La storia ha una piega forte e attuale: le coste siciliane sono sotto assedio per i continui sbarchi di migranti, un’umanità sfruttata e abusata da scafisti senza scrupoli. Il commissario Salvo Montalbano (Luca Zingaretti) e i suoi uomini, tra cui i fedelissimi Mimì Augello (Cesare Bocci) e Fazio (Peppino Mazzotta), sono strattonati da un’emergenza all’altra, scontrandosi con la disperazione di queste vite alla deriva.
E proprio la vicenda di una giovane africana abusata nella tratta in mare introduce il personaggio chiave della storia,
la quasi quarantenne Elena Biasini (Elena Radonicich), proprietaria di una sartoria a Vigata. La donna, gentile e spigliata, pronta all’accoglienza, viene ritrovata purtroppo morta nel suo atelier. E qui si innesta la pista gialla: individuare il responsabile dell’omicidio, allargando lo sguardo sulle relazioni della donna, sulle dinamiche di lavoro ma anche sul suo passato.
Due sono i nodi tematici principali di questa vicenda. In primis, c’è la questione dei migranti: attraverso il commissario Montalbano, Andrea Camilleri ci chiama a rapportarci ancora una volta con il dramma dei flussi migratori clandestini e con il vortice infernale di sfruttamenti e violenze attivate da gruppi criminali. Il racconto televisivo non si carica però di alcuna valenza politica, bensì c’è uno sguardo asciutto sulla difficoltà cui si trovano dinanzi le forze dell’ordine, chiamate a fronteggiare disperati in cerca di aiuto e malviventi senza scrupoli.
Il tema delle migrazioni è caro allo scrittore siciliano, ricorrente in molti dei suoi romanzi dedicati al commissario di Vigata. È un invito a non voltare la testa altrove rispetto alle piaghe della nostra società; è un richiamo a guardare queste esistenze precarie in cerca di speranza non in chiave asettica, ma anche con umanità e misericordia.
C’è poi la riflessione sulla figura della donna: da un lato vittima di continue violenze e sopraffazioni, dall’altra emblema di forza e resilienza. Elena, ad esempio, è una donna ferita dalle bugie del marito, che però non si arrende e decide di andare avanti, tornando a lavorare a Vigata e a impegnarsi in una nuova attività.
Ne “L’altro capo del filo” c’è una sequenza che non passa inosservata: per la prima volta in 20 anni il commissario Salvo Montalbano sente il bisogno di rifugiarsi in chiesa. Il commissario è provato dalla violenza che ha subito la giovane migrante, un dolore che si aggiunge al ricordo sofferto del piccolo François, bambino tunisino visto nel film “Il ladro di merendine”. Salvo esce dunque dal commissariato ed entra in chiesa: è solo, non c’è nessuno, posa lo sguardo sull’altare e poi si siede tra i banchi. Cerca pace, silenzio… silenzio rispetto a tutto quel rumore assordante e doloroso. Come ha sottolineato il coproduttore Max Gusberti: “affiora in lui il dramma del figlio perduto, di quel bambino tunisino che avrebbe preso con sé se non fosse morto”.
La qualità del film “L’altro capo del filo” è elevatissima, a cominciare dalla regia di Alberto Sironi, così solida, attenta e avvolgente; contribuisce poi a confezionare un prodotto di livello anche fotografia mozzafiato di Franco Lecca: la Sicilia che ci mostra domina in maniera prorompente sullo schermo, incanta e atterrisce insieme. Le musiche infine di Franco Piersanti chiudono perfettamente il quadro, con la voce profonda di Olivia Sellerio.
Il racconto scorre molto bene, fluido, su una sceneggiatura compatta, impreziosita inoltre dal lavoro certosino degli attori, che ormai vivono i personaggi.
Proprio a voler cercare un punto di fragilità narrativa, possiamo forse affermare il finale sembra scivolare via con troppa fretta, in maniera enigmatica e sfuggente. Ma del resto è la storia uscita dalla penna di Camilleri. Nel complesso, il racconto è denso, stratificato, incalzante, sempre correttamente bilanciato tra inserti umoristici (fantastico Angelo Russo nel ruolo di Catarella) e virate realistiche. Chapeau!
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