La parola
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V domenica di Pasqua - anno C, Gv13, 31-35

Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate ...

Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».In queste domeniche pasquali, ascoltiamo brani, tratti dai discorsi d'addio, che Giovanni ha raccolto e redatto, quale introduzione agli eventi finali della passione di Cristo: siamo ormai entrati nell'ora, annunciata più volte nel racconto del quarto vangelo, fin dal primo segno compiuto a Cana di Galilea, l'ora della sofferenza e della gloria. Nella cornice dell'ultima cena, l'evangelista concentra tutto l'insegnamento riservato ai discepoli, nella forma di un discorso testamentario. Come accade nell'esperienza umana, il momento del testamento rivela, in certo modo, il cuore e il cammino di una vita, e racchiude il desiderio di consegnare a chi verrà dopo di noi un'eredità non solo di beni, ma anche d'insegnamenti e di testimonianza che è affidata ai figli e agli amici; nel caso di Gesù, c'è una comunità di discepoli, che costituisce la sua famiglia, ed è a loro che il Signore affida ciò che gli è più caro, un dono grande che diviene anche compito e strada per il cammino futuro. Innanzitutto, in modo inatteso, Gesù esprime il senso profondo della prova che gli sta di fronte: il tradimento è già stato annunciato, Giuda è uscito, inghiottito dal buio della notte, e l'evangelista riprende, con il suo caratteristico linguaggio, la voce del maestro che riconosce nell'ora della morte imminente, l'ora della gloria, cioè della piena manifestazione di Dio al mondo. C'è un intreccio che segna l'esistenza di Gesù e che diviene trasparente nella sua Pasqua, perché, da una parte è Dio che è glorificato in Cristo, è Dio che rivela il suo volto luminoso e amante nel Figlio, e d'altra parte, è il Figlio che riceverà gloria, che sarà glorificato dal Padre, nell'accettazione della sua offerta e nella vittoria contro la morte. C'è realmente una sorta di reciprocità, che attraversa la testimonianza del vangelo di Giovanni, e che tiene strettamente uniti Gesù, il Figlio, e Dio, il Padre, come protagonisti inseparabili dell'opera della salvezza: così essi riflettono nella loro azione congiunta, l'eterna comunione di vita. Ma dopo questo squarcio sul mistero ineffabile del legame tra il Padre e il Figlio, l'evangelista ci trasmette il dono prezioso che sta a cuore a Cristo e che egli consegna ai suoi come eredità vivificante: 'Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri'. La novità sorprendente della Pasqua si riflette in un comandamento nuovo, che non è semplicemente un nuovo precetto, ma una parola, una disposizione di vita, capace di ravvivare tutta l'esistenza dei discepoli. Uomini nuovi, ricreati da Cristo, uomini nuovi, che riceveranno il dono dello Spirito, possono vivere e realizzare, nel segno della loro unità, un nuovo comandamento che si raccoglie nell'amore, nell'agape. È un amore reciproco, gratuito, reale, che sarà il segno offerto a tutti: 'Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri'. Qui è detta la verità profonda dell'essere discepoli, dell'essere Chiesa, una comunità di uomini che da Gesù ricevono, sempre di nuovo, l'eredità di un tale comandamento e la grazia di un tale amore. Ciò che impressiona, nel testo di Giovanni, è come tutto deriva da Cristo e tutto è sospeso all'iniziativa preveniente e imprevedibile del suo amore, che proprio nell'ora della passione e della croce si rivela in pienezza, come amore 'sino alla fine, sino al compimento' (Gv 13,1). Non si tratta d'imitare, dall'esterno, una misura inarrivabile di carità, ma di vivere un'immedesimazione con Colui che ci ha amati e continua ad amarci: 'Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri'. Prima del nostro amore, c'è il suo che ci precede nel tempo e soprattutto nell'intensità, nella qualità assolutamente gratuita; amati così, riconoscendo nell'amore crocefisso di Gesù la sintesi della sua esistenza e la forma compiuta della sua parola, i discepoli d'ogni tempo imparano e attingono la grazia del nuovo comandamento, e l'imitazione che ne nasce, come appare nella testimonianza dei santi, non è uno sforzo titanico e impossibile di ricopiare un modello, ma il frutto che accade, per osmosi, per una progressiva identificazione con Colui che è il volto umano della carità del Padre. Amati, per grazia, amiamo, e diventiamo sempre più segno dell'infinita tenerezza di Cristo nella storia degli uomini.

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