La parola
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3a Domenica del Tempo Ordinario (anno A), Matteo 9,12-23

Venne a Cafàrnao perché si compisse ciò che era stato detto

Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa:
«Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti!

Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa:
«Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti!
Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta».

Matteo, l'evangelista che ci guida in questo Anno liturgico, riesce a tenere insieme due dimensioni dell'evento di Cristo: da una parte, Gesù è chiaramente presentato come il Messia discendente di Davide, ben radicato nel suo popolo e la sua missione, prima della Pasqua, è rivolta alle "pecore perdute della casa d'Israele" (Mt 10,6; 15,24); d'altra parte, l'orizzonte totale del suo annuncio si apre anche alle nazioni, oltre Israele, e l'intero racconto dell'evangelista si chiuderà con il compito che il Signore affida ai suoi di fare discepoli tutti i popoli (Mt 28,19), mentre il Risorto assicurerà la sua presenza fedele "tutti i giorni, fino alla fine del mondo". Gesù, l'Emmanuele, "Dio con noi" non rimane confinato in un remoto passato, che sempre più si allontana da noi, ma come Signore risuscitato e vivente, è presente con i discepoli di ogni ora e rende feconda la missione della sua Chiesa tra le genti. Siamo di fronte alla tensione propria della fede cristiana, che riconosce in un evento particolare, nel volto dell'ebreo Gesù, che ha operato nei confini della sua terra e in un tempo assai limitato, un avvenimento di salvezza destinato a raggiungere tutti gli uomini, perché ha in sé una pienezza ed una forza che, a partire dalla Pasqua, hanno iniziato a manifestarsi, attraverso una catena ininterrotta di testimoni del Vangelo, fino a noi, credenti del nostro tempo. Per Matteo, in realtà, fin dalle origini della vita di Cristo, si possono riconoscere i segni di questa destinazione universale, e di una presenza che, progressivamente, attraverso la comunità dei suoi discepoli, si farà incontro agli uomini, oltre Israele: quando Gesù nasce, sono dei pagani, i Magi venuti dall'Oriente, che adorano "il re dei Giudei", mentre Erode e gli scribi di Gerusalemme, non si muovono, anzi il folle tiranno decreta la morte di bambini innocenti, pur di eliminare lo sgradito Messia; inoltre, la prima terra che Gesù sceglie come ambiente del suo annuncio non è la centrale Giudea, raccolta intorno alla Città Santa con il suo tempio, ma è la Galilea, regione di confine, dove, fin dai tempi della conquista ad opera degli Assiri, erano stati deportati popoli non ebrei, e che per la sua posizione era in contatto con il mondo ellenistico della vicina Decàpoli. Nel passo d'Isaia, citato da Matteo, è chiamata "Galilea delle genti", e così si allude al fatto che la grande luce apparsa in Cristo splende per il suo popolo, ma è già in vista l'apertura alle genti, che siamo anche noi, toccati e raggiunti dalla testimonianza del Vangelo. In che cosa consiste la grande luce che sorge? È Gesù stesso che proclama la venuta del Regno e invita alla conversione, ad un cambiamento di mente e di cuore: proprio perché "il regno dei cieli è vicino", proprio perché nei gesti e nelle parole di Cristo si manifesta all'opera la signoría di Dio, di un Dio che si china su noi uomini smarriti e perduti, allora possiamo convertirci, possiamo fare spazio a questa Presenza. Che cosa realmente significa la parola "conversione", diviene chiaro nel racconto della chiamata dei primi quattro discepoli. I tratti della narrazione sono scarni e volutamente schematici, ma riescono comunque ad evocare gli inizi di tutta l'avventura cristiana nella storia: il primo gesto di Gesù, dopo aver cominciato a predicare, è chiamare due coppie di fratelli, quattro semplici pescatori, a diventare suoi discepoli, e il discepolato è racchiuso nell'invito: "Venite dietro a me". È un invito che è immediatamente raccolto, per la potenza efficace della parola di Cristo e per l'attrattiva misteriosa che esercita sul cuore di questi uomini; essi lasciano tutto (le reti, la barca, il padre), per seguire il Maestro apparso al loro orizzonte. Questa è la conversione che in loro si realizza e che accade, anche oggi, quando abbiamo la grazia d'incontrare la presenza viva di Cristo e di percepire la forza della sua promessa e della sua umanità eccezionale: andare dietro a Lui, vivere una relazione e un legame con Lui, diventare suoi amici e familiari. Entra così, nella vita, una misura nuova, e da subito l'esistenza cambia, accade una "metanoia", un nuovo giudizio, non perché non vi siano più difetti e peccati, ma perché ormai la vita è dominata e determinata da un Altro, da questo Signore che si coinvolge con noi e ci chiama a partecipare della sua missione.

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