12a Domenica del Tempo Ordinario (anno C), Luca 9, 18-24
Tu sei il Cristo di Dio. Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto
P roseguendo il racconto di Luca, ci stiamo avvicinando alla svolta, segnata dall'inizio del viaggio verso Gerusalemme (Lc 9,51), un viaggio che culminerà nella Pasqua di Gesù e che l'evangelista disegna come un percorso di progressiva rivelazione del volto di Cristo e in lui del volto di Dio. Il breve passo offerto al nostro ascolto rappresenta un'introduzione a questa nuova tappa del terzo vangelo e chiama in gioco la nostra disponibilità a lasciarci provocare da Gesù e ad entrare in un cammino di continua conversione, perché siamo sempre tentati di avere una nostra comprensione, ridotta e parziale, di Cristo e del Dio vivo e vero, e in questo senso deve essere continuamente "convertita" la nostra concezione religiosa. Luca, a differenza di Marco e di Matteo, non nomina il luogo geografico dove collocare il dialogo tra Gesù e i discepoli (Cesarea di Filippo), forse perché intende concentrare l'attenzione su Gerusalemme, che apparirà all'orizzonte come mèta del cammino: invece, parla di Gesù che "si trovava in un luogo solitario pregare". La preghiera, che ritma l'esistenza di Cristo, è il segno del suo rapporto filiale con il Padre, tutto in lui nasce da questa comunione radicale e le ore drammatiche della passione e della morte, nel racconto dell'evangelista, saranno dominate dalla relazione sofferta di Gesù con il Padre, in un tessuto di momenti oranti. A partire dal suo rapporto con Dio, Gesù interroga i discepoli, e le sue domande sono raccolte nella memoria evangelica come domande che continuano ad interpellare i credenti d'ogni tempo. Qui c'è un primo dato nuovo, perché questa volta non sono gli uditori o i discepoli a porre interrogativi a Gesù o su Gesù, ma è lui che prende l'iniziativa e chiede d'essere ascoltato, e davanti alle risposte dei dodici, annuncia qualcosa d'inatteso. Di fronte alla prima domanda, "Le folle, chi dicono che io sia?", i discepoli riferiscono le risposte della gente, simili a quelle che si era dato il re Erode Antipa (Lc 9,7-9), e nell'immagine del popolo, da una parte Gesù è compreso come "uno degli antichi profeti", come una figura del passato, dall'altra, nel riferimento al suo essere "risorto" c'è l'eco della promessa di Dio che annuncia la risurrezione futura. Tutte le volte che Gesù viene compreso e definito secondo delle categorie già utilizzate o comunque familiari alla mentalità del mondo (un grande maestro, un genio religioso, un sognatore, un riformatore), restiamo ai margini del suo mistero, e non riusciamo a percepire la sua singolarità irriducibile. Ecco perché Gesù non si arresta e avanza la sua richiesta, esigendo dai suoi una presa di posizione personale: "Ma voi, chi dite che io sia?". Ora le parole di Pietro, qui chiamato con il nome ricevuto da Gesù e che indica la sua missione nella comunità, sono l'espressione di una fede autentica, ma ancora aurorale, perchè non riescono a dire tutto il mistero nascosto in Gesù: Pietro non sbaglia a riconoscere in lui "il Cristo di Dio", non uno dei profeti risorto, ma l'unico Messia atteso da Israele e inviato da Dio, tuttavia sia lui che gli altri non conoscono ancora il volto di questo Messia e il volto di Dio che si sta per rivelare. In realtà, Gesù nel cammino verso Gerusalemme e nella sua Pasqua, si manifesterà in termini molto diversi dalle attese messianiche condivise dai discepoli: da un messianismo glorioso e potente, si passa a quello del Figlio dell'uomo "consegnato nelle mani degli uomini" e "rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi" e il passaggio decisivo e discriminante per i credenti sarà sempre il mistero della croce, dove Dio attesta un amore forte nella sua debolezza, un amore che arriva a prendere su di sé, nel suo Figlio-Servo, il nostro peccato e la nostra sofferenza, un amore che si perde per salvarci e che per questa via si ritrova nella pienezza di un'esistenza risorta. Questa è la conversione a cui è chiamato chi intende farsi veramente discepolo di Cristo: rinnegare se stesso e le proprie immagini di Dio, di potenza e di forza, prendere la croce "ogni giorno", accettando la logica paradossale della Pasqua, del perdere la propria vita per salvarla. Questo è il cammino verso Gerusalemme che siamo chiamati a percorrere nella libertà della fede, per poter partecipare della vita piena del Risorto.
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