Tu sei il Cristo... Il Figlio dell'uomo deve molto soffrire
XXIV Domenica del Tempo Ordinario (16 settembre 2018)
In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti».
Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.
Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».
Credere significa accettare Dio, la sua verità e la sua volontà. Quindi rimettersi a Lui con incondizionata fiducia, convinzione che sempre – in ogni circostanza, in ogni prova – tutto ha un senso, perché Dio è il nostro aiuto e 1a nostra giustificazione. E’ necessario che la fede sia autenticata dalle opere, si concretizzi nelle opere
Il cristianesimo non è una ideologia su Dio, sull’uomo e il mondo, è scegliere di vivere imitando Cristo, senza ambiguità. Insegnamento e la sequela di Cristo non ammettono alibi né equivoci di opportunismo accomodante. C’è il modo di ragionare secondo Dio, e quello di ragionare secondo gli uomini. Il criterio per distinguerli è uno solo: la disponibilità a portare la croce della rinuncia a ciò che allontana da Dio. La croce da portare ogni giorno. Con la gioia della fedeltà. O l'uomo si salva, seguendo il Cristo oppure spreca l’esistenza terrena e perde la vera vita, quella soprannaturale. Lo scopo – l’unico – dell’esistenza umana soprannaturale: il ricongiungimento con Dio, nella vita eterna.
Gesù è in cammino verso nord, attraverso “i villaggi intorno a Cesarea di Filippo”: l’antica Paneas o Panias (oggi Banias), il cui nome era dovuto ad una grotta, da cui nasceva una delle sorgenti del Giordano, consacrata al dio Pan; dopo che Augusto aveva assegnato la regione ad Erode il Grande, costui innalzò presso il santuario di Pan un tempio in onore del suo benefattore; successivamente il figlio, il tetrarca Filippo, ricostruì ed ampliò la città, denominandola Cesarea, sempre in onore di Augusto; per distinguerla da Cesarea Marittima sulle rive del Mediterraneo, fu chiamata Cesarea di Filippo.
Gesù sembra volersi allontanare dell’ambiente consueto della sua predicazione e delle controversie dei suoi avversari, per dedicarsi più direttamente ai Dodici, confidando loro il suo destino di Passione e Risurrezione.
Ma prima vuole avere la loro la testimonianza di fede. Con fine pedagogia comincia a chiedere che cosa la gente dice di lui. Ed essi gli riferiscono le opinioni correnti: chi lo identifica con Giovanni il Battista (risuscitato), chi con Elia (atteso come colui che doveva consacrare il Messia e manifestarlo al mondo) o uno dei tanti profeti. “E voi – li interpella direttamente Gesù – chi dite che io sia?”. Pietro, facendosi interprete di tutti, risponde: “tu sei il Cristo”, cioè il Messia, preannunciato da Dio, tramite i profeti. Il Messia nell’immaginario corrente è un liberatore, trionfante sui nemici di Israele, attualmente gli invasori, i Romani. I Dodici sono convinti che Gesù sia “il Cristo”, ma, al momento, non hanno ancora compreso sufficientemente l'ideale messianico, il suo carattere spirituale, la sua dimensione sacrificale. Sinora Gesù ha parlato del regno di Dio, del suo sviluppo, delle disposizioni necessarie ad entrarvi, della perfezione richiesta. E’ giunto il momento di cominciare ad annunciare il tipo di compimento della sua opera, a coloro ai quali darà mandato di proseguire la sua missione: “il Figlio dell’Uomo [denominazione profetica del Messia] dovrà molto soffrire, ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare”. L'idea di un Messia umile e sofferente era ed è rimasta totalmente in ombra nel mondo ebraico, anzi ritenuta senza senso, scandalosa, persino blasfema. Il libro di Isaia conteneva, è vero, il ritratto del Servo di Jahvé che offre la vita sacrificandosi per il peccato, salvando con la sua morte. Ma né la tradizione né la teologia ebraiche avevano collegato l’austero quadro con il Messia. E’ proprio Gesù che viene a rivelare l’identificazione Messia-Servo di Jahvé. Pietro, sempre estremamente ed irruentemente franco, non può non esprimere disappunto. Trae “in disparte” Gesù – per riguardo – ma “si mette a rimproverarlo”. La predizione è così contraria alle aspettative sue e degli atri, che non si rassegna ad accettarla. Gli altri discepoli seguono l’atteggiamento di Pietro, facilmente immaginandone e condividendone “il rimprovero”. Gesù lo sa. Si volta, guarda i discepoli e apostrofa Pietro, come mai ha fatto con altri: “lungi da me, Satana!”.
Più esplicitamente Gesù spiega l’apostrofe: “perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”. Poi Gesù “convoca la folla insieme ai suoi discepoli”: le sue proposte non sono riservate ai discepoli, come ad una élite, ma costituiscono invito e condizione per chiunque “voglia seguirlo”. Condizione basilare: l’abnegazione totale. “Se alcuno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. “Voler andare dietro” a Gesù significa decidere di diventare suo discepolo; “seguirlo” significa ben di più, equivale a ricalcare le sue orme, vivere come egli vive e insegna; cioè, come lui, “prenda la croce”, culmine dell’abnegazione, disponibilità a mettere a rischiare tutto: averi, onore, reputazione e, se è necessario, la stessa vita, per restare fedele al Vangelo.
Gesù assicura che chi impegna – “perde” – la vita terrena, seguendo l’insegnamento del Vangelo, “la salva” per l’eternità. Il dono sé, la rinuncia ai propri interessi terreni, la subordinazione di tutto il proprio essere alla vita soprannaturale, non può essere entusiasmo effimero, di un'ora o di un giorno, ma stato d'animo costante: volontà di seguire il Maestro sempre, sino alla fine.
Dalla vita terrena alla morte terrena. Dalla morte terrena alla vita soprannaturale eterna.
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