2a Domenica dâAvvento (anno B), Marco 1, 1-8
Raddrizzate le vie del Signore
«Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri», vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
U na delle figure che segna il tempo d’Avvento è Giovanni il battista, l’ultimo profeta d’Israele che introduce la missione pubblica di Gesù: l’evangelista Marco inizia in modo singolare il suo racconto, perché, dopo una sorta di “titolo” che indica in Gesù, “Cristo, Figlio di Dio” il protagonista e il contenuto essenziale della buona notizia, dell’evangelo, bruscamente appare Giovanni, “che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per i peccati”. In realtà la citazione composita della Scrittura a (Es 23,20; Ml 3,1; Is 40,3) che precede la prima menzione di Giovanni, ci dice che si sta svolgendo una storia dalle radici antiche, e che Giovanni è profeta, perché compie nella sua carne e nella sua vita la parola di Dio. In effetti il vero profeta, ieri come oggi, è colui che incarna ciò che annuncia e che rende visibile e quasi toccabile la parola che proclama: la sobrietà estrema del cibo e la povertà assoluta del vestire sono il segno di una dipendenza radicale da Dio, e il battista può chiedere di convertirsi e di preparare la strada al Signore, perché lui per primo si sta convertendo e sta preparando la via a Dio che, nel suo Messia, viene a visitare il suo popolo. Ora, un tratto paradossale nella testimonianza di Giovanni è che egli opera nel deserto, non abita nella città in mezzo agli uomini, tanto che la sua parola sembra una parola gettata al vento, una voce che grida nel deserto da chi è ascoltata? Eppure, è così potente il suo grido, è così inquietante la sua forma di vita, che attira le folle: “Accorrevano a tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme”. Dove sta la forza di Giovanni, che, non a caso, ha i tratti austeri e rudi del primo profeta, Elia, atteso per i tempi ultimi, prima della venuta del Messia? Proprio nel fatto che egli vive nel deserto, il luogo dove l’uomo sperimenta l’estrema povertà del suo essere e la sua sete di vita, lontano però dall’ingiustizia della città, e memoria, per Israele, del suo cammino verso la libertà, nel primo esodo dall’Egitto, nel nuovo esodo da Babilonia: così il deserto diviene un simbolo forte dell’Avvento come tempo d’attesa e di desiderio, nel quale siamo invitati a riconoscere testimoni e presenze che, come il profeta, sanno ridestare l’attesa del cuore e sanno indicare Colui che ci può donare l’acqua viva per la nostra sete di vita. Così la voce di Giovanni, che intende preparare la via del Signore che visita la nostra esistenza, il suo annuncio, tutto teso ad un futuro, ad una presenza che “ad-viene” incontro a noi, ci svela la verità del nostro essere creature incompiute, “squilibrate”, mai totalmente appagate e tranquille: mentre le cose inanimate e gli animali stessi sono ciò che sono e si muovono secondo la ferrea logica della natura, l’uomo è libertà in cammino, è tensione ad una pienezza sempre inseguita, e mai afferrata; si potrebbe dire, in termini paradossali, che “l’uomo in realtà è ciò che ancora non è, diventa ciò verso cui tende” (S. Fausti). Anzi il nostro volto umano è plasmato e qualificato da ciò che attendiamo, da questa strana “insufficienza” che ci costituisce e che rende intensa e drammatica l’avventura umana: l’uomo “supera infinitamente se stesso, è davvero troppo grande per bastare a se stesso” (B. Pascal). Il profeta è l’uomo del desiderio, è chi non permette la riduzione dell’attesa del cuore, è chi sollecita e provoca, già con la sua testimonianza, un riconoscimento di ciò che siamo: esseri grandi come promessa e apertura dell’anima, ma fragili e peccatori, sempre pronti ad affermare le nostre piccole e meschine misure, illudendoci di realizzare da noi stessi e con le nostre mani il sogno di felicità che ci muove in tutto ciò che facciamo. Ma Giovanni, come ogni testimone autentico, vive “decentrato”, a differenza dell’uomo peccatore che tende invece a far girare tutto e tutti intorno a sé, perché il Battista, fin dall’inizio, è centrato su Cristo, non rende testimonianza a se stesso, ma a Colui che viene, ed è ormai presente: “Egli vi battezzerà in Spirito Santo”. È la promessa che si farà racconto e storia nel vangelo, di una presenza e di un volto, l’uomo Gesù di Nazaret, capace d’immergerci nella vita stessa di Dio, in una pienezza per noi impensabile, finalmente a misura del nostro desiderio senza misura.
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