La parola
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Questo è il mio corpo. Questo è il mio sangue.

Corpus Domini (domenica 3 giugno)

Il primo giorno degli àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?».

Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d'acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: "Il Maestro dice: Dov'è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?". Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua. Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio». Dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.

 

Mediante i sacrifici antichi di animali, nel segno del sangue - simbolo della vita - Dio ha stipulato con il Popolo Eletto un’Alleanza temporanea ed esteriore nell’Antico Testamento, in preparazione e prefigurazione dell’Alleanza nuova, definitiva ed interiore del Nuovo Testamento.

Questa si realizza ancora nel segno del sangue, ma ora è il sangue di Cristo, il quale compie ed offre un sacrificio perfetto, non solo per un popolo, ma per la moltitudine dei popoli. Il sangue di Cristo e il suo sacrificio vengono affidati alla comunità della nuova Alleanza, la Chiesa, mediante il pane e il vino. 

Il resoconto degli avvenimenti viene datato dall’Evangelista con “il primo giorno degli Azzimi, quando si immola la Pasqua”: l’indicazione, se considerata rigorosamente, è inesatta, poiché il primo dei sette giorni della festa degli Azzimi sarebbe successivo alla Pasqua e non coincidente con questa.

E’ chiaro, tuttavia, che Marco intende riferirsi al banchetto pasquale. L’Evangelista usa l’espressione “immolare la Pasqua” e poi “mangiare la Pasqua”, perché, per metonimia, la denominazione della festa – “Pasqua” – era già passata pure alla vittima – l’agnello – sacrificata e poi consumata nel banchetto.  In adempienza di quanto prescritto in Es 12,1 ss.

Alla richiesta dei discepoli – “dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?” – Gesù ne invia due (Luca nomina Pietro e Giovanni) con precise istruzioni, in cui si evidenzia la sua conoscenza profetica: “vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua […] vi mostrerà una grande sala già pronta con tappeti, al piano superiore”.

Gesù ha piena consapevolezza di ciò che sta per accadere; è protagonista volontario e non preda degli avvenimenti.

La casa ospitante, certamente signorile, perché soltanto quelle di questo tipo dispongono di una sala al piano superiore: questa, scelta da Gesù, è “grande, con i tappeti”, quindi particolarmente elegante.

Entrati in città – Gerusalemme – i discepoli trovano ogni cosa, proprio secondo la predizione di Gesù e fanno i preparativi per il banchetto pasquale, procurando ovviamente l’agnello e le vivande prescritte dal rituale. Marco tralascia la descrizione dello svolgimento del convito per indirizzare l’attenzione dei lettori su due momenti tradizionali della cena pasquale, ai quali Gesù dà un significato innovativo.

 Il primo momento è il rito della frazione del pane, con la preghiera di lode da parte del capo di casa, in cui Gesù afferma identità tra il pane che offre e il suo corpo, ossia (dato il significato della parola ebraica tradotta dal termine greco “soma”) la sua persona, dicendo: “prendete, questo è il mio corpo”. 

Altro momento è quello che il rito pasquale ebraico chiama del “calice di benedizione”, in cui Cristo afferma l’identità con il suo sangue: “questo è il mio sangue”.

In entrambi i casi Gesù pronuncia parole estremamente chiare, precise, inequivocabili, che escludono, come artificiosa ed arbitraria, ogni interpretazione che escluda la dichiarazione di identità tra Cristo e il pane e il vino che tiene tra le mani. Aggiunge esplicitamente che il suo sangue è “sangue dell’Alleanza”. Il riferimento è al “sangue dell’Alleanza”, di cui in Es 24,8 (cfr. prima Lettura), ma con dimensione e latitudine del tutto nuove, giacché si tratta della Alleanza del tempo messianico-escatologico, destinata a tutta l’umanità, non soltanto agli Israeliti: il sangue è “versato per molti”, cioè la moltitudine universale (di cui in Is 53,12).

L’espressione “molti” non è restrittiva, ma esplicativa, per dire che “tutti” sono “molti”.

Poi con formula di pronunciamento solenne e categorico – “in verità vi dico” – Gesù preannuncia la propria morte imminente (“non berrò più del frutto della vite”) e della sua successiva risurrezione (“fino al giorno in cui lo berrò nuovo”) che ratifica definitivamente l’instaurazione della salvezza, del “regno di Dio”, Nuova Alleanza.

Fonte: Il Cittadino
Questo è il mio corpo. Questo è il mio sangue.
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