La parola
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6a domenica di Pasqua - anno A, Gv 14,15-21

Pregherò il Padre e vi darà un altro Paràclito

Pregherò il Padre e vi darà un altro Paràclito

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui".

"Il grande amore vede più della ragione sola" (Benedetto XVI): questa verità, che appartiene alla struttura dell'esperienza umana, è condivisa pienamente dall'evangelista Giovanni e traspare sotto differenti forme nei discorsi d'addio di Gesù, nella cornice dell'ultima cena. Infatti, a più riprese, si afferma un primato dell'amore, come via di conoscenza e di rivelazione, e come orizzonte dell'obbedienza vitale alla parola di Cristo; in particolare nel breve passo offerto al nostro ascolto, c'è una chiara inclusione tra l'inizio e la fine: "Se mi amate, osserverete i miei comandamenti … Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva questi mi ama". Tutto nasce da un legame d'amore con Gesù, centro vivente e personale d'ogni cammino di fede cristiana, ed è l'amore a Lui che conduce ad accogliere, a custodire e a vivere i suoi comandamenti, che alla fine si raccolgono nell'unico nuovo comandamento dell'amore fraterno, come Cristo ci ha amato. Nello spazio di questa relazione con Gesù, prende forma l'esistenza del discepolo, che, riconoscendo la sovrabbondante predilezione di Cristo, entra nel dinamismo dell'amore; un tale amore trova la sua ultima sorgente nel Padre e rende possibile la vera conoscenza di Dio: "Chi ama me, sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui". Come appunto accade nell'esperienza dei rapporti umani decisivi, nei quali l'amore dona occhi più penetranti della sola ragione, così nel legame con Cristo e con il Padre, è l'amore, suscitato dalla scoperta di una bontà che ci precede, che apre gli occhi e rende capaci di una conoscenza, che coinvolge tutta l'affettività dell'uomo. Ma nell'annuncio di Giovanni, l'amore che conduce alla pienezza della verità viene ad identificarsi con il dono personale dello Spirito, "Persona-Dono e Persona-Amore" (Giovanni Paolo II), chiamato solo nel quarto vangelo "lo Spirito della verità", e promesso da Gesù come frutto della sua preghiera. È "un altro Paràclito", un altro "ad-vocatus", chiamato a stare accanto ai discepoli come difensore e come maestro interiore: "un altro" perché il primo paràclito è Cristo che continua ad accompagnare i suoi amici nel tempo e ad intercedere a loro favore, ottenendo dal Padre l'effusione dello Spirito. Qui evidentemente lo Spirito e il Signore risorto sono inseparabili, l'uno non agisce senza l'altro, e la loro opera è in profonda continuità, perché lo Spirito ci consente di conoscere la verità, la vivente rivelazione del Padre nel volto e nella parola di Gesù, il Figlio, e grazie allo Spirito, fedele e discreta presenza nel cuore della Chiesa e dei credenti, Cristo rimane con noi per sempre, non ci lascia soli nelle fatiche e nelle prove della storia. Certo è un dono ineffabile, che non possiamo afferrare e definire con le nostre immagini, sempre povere e inadeguate, eppure dietro le parole raccolte da Giovanni, vi è l'esperienza dei primi discepoli, tante volte vissuta dai cristiani di ogni tempo: l'accadere, per grazia, di una conoscenza luminosa e viva di Cristo, il percepire il sostegno reale di una Presenza misteriosa in diversi momenti della vita, il riconoscere il Risorto come colui che ora ci fa vivere e che vive con noi e in noi, tutto questo è il dono dello Spirito, promesso e attuato nel tempo della Chiesa, ed è qui il segreto della possibilità di una continua ripresa nell'esistenza del credente e della comunità dei discepoli del Signore. "Non vi lascerò orfani: verrò da voi": com'è suggestiva la promessa di Gesù, che, in modo paradossale, parla ai suoi discepoli come un padre, desideroso di non lasciarli soli e indifesi. Ma nel testo originale, la promessa da parte di Gesù, di non lasciare i suoi discepoli orfani, come uomini smarriti senza padre né madre, è al futuro, mentre la successiva parola è al presente, "vengo a voi", perché la venuta di Cristo non è rimandata in un futuro lontano e indeterminato, ma inizia ora, subito, perché il Risorto viene ai suoi, nella potenza del suo Spirito. Nessuna venuta di Cristo si compie nel tempo della Chiesa, senza la nascosta azione dello Spirito, e nessuna affezione a Cristo mette radici nel cuore del credente senza lo Spirito: ascoltare l'annuncio di un tale dono ridesta in noi l'umile e vibrante invocazione perché il Paràclito discenda e trasformi sempre di nuovo la nostra esistenza.

Pregherò il Padre e vi darà un altro Paràclito
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