16a Domenica del Tempo Ordinario (anno C), Luca 10, 38-42
Marta lo ospitò. Maria ha scelto la parte migliore.
In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».
Nel racconto di Luca. Gesù conosce l'esperienza dell'essere accolto presso una casa di amici: è la famiglia di Marta e Maria, due donne che improvvisamente appaiono nella narrazione. Può essere d'aiuto alla nostra lettura di questo celebre passaggio del terzo vangelo, tenere presente un sottile legame con il brano immediatamente precedente, che è la parabola del buon samaritano, nel dialogo con il dottore della legge (Lc 10,25-37: il vangelo di domenica scorsa). Da una parte, nella ripresa della parola della Scrittura, c'è un chiaro primato dell'amore a Dio, un amore totale, che impegna tutte le facoltà della persona, e che si esprime nell'amare il prossimo come se stessi, proprio perché Dio vuole la misericordia più che i sacrifici (cfr Mc 12,33); d'altra parte, riconoscendo in Gesù il vero samaritano, in cammino verso Gerusalemme, possiamo vedere nella casa delle due sorelle "l'albergo" in cui l'ospite può trovare riposo e riprendere le forze, e dove lui stesso diviene il centro delle attenzioni e delle cure. Le due sorelle incarnano due modi differenti di accogliere il Signore, due atteggiamenti che si possono ritrovare nella vita dei discepoli, e che non sono da opporre, ma da vivere secondo una logica di priorità, perché entrambe sono affezionate a Gesù ed entrambe vogliono ospitarlo nella loro casa, ma mentre Maria coglie subito il cuore, Marta si lascia risucchiare da qualcosa d'importante e tuttavia secondario. Presa dai molti servizi per Gesù, s'inquieta, non gode della compagnia del Maestro e giunge ad irritarsi per il comportamento della sorella. In realtà Maria ha compreso che ora l'unica attività, che viene prima di tutto, è una passività, è uno stare ai piedi del Maestro per guardarlo, per ascoltarlo: il Signore (tre volte Luca chiama così Gesù nel nostro passo) è il Dio che chiede e merita d'essere amato "con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutte le forze e con tutta la mente", perché non c'è niente di più bello, di più vero e di più grande della sua persona e della sua parola. La priorità assoluta di Cristo non nasce da una legge, ma da un amore, non sgorga da un dovere, ma dall'attrattiva irresistibile e profonda della sua presenza umana, e così in Maria noi riconosciamo la figura dell'autentica discepola, che si lascia conquistare dal suo Maestro e Signore, e che non vuole essere distratta da nulla, nemmeno dalle cose che si possono fare per lui. Qui è invece il limite di Marta, che ben rappresenta un certo modo di vivere la fede, come affanno ed impegno a compiere tante cose, tante opere, per il Signore, ma rischiando, in fondo, di perdere lui, di non gustare la gioia dello stare con lui, di non scoprire la feconda ricchezza dell'ascolto e della contemplazione di lui. Ovviamente, nell'esistenza cristiana, c'è lo spazio per un'operosità attiva, ben evocata nella precedente parabola del samaritano, ma è appunto l'operosità dell'amore, che, mentre agisce, non perde mai di vista il volto del Signore, incontrato nell'ascolto della sua parola e servito nei fratelli a cui siamo chiamati a farci prossimi. Non si tratta di contrapporre Marta e Maria come l'alternativa tra azione e contemplazione, ma di ritrovare l'unità profonda delle varie dimensioni della vita credente, purificando l'azione nella contemplazione, riconducendo sempre i gesti della fede e dell'amore alla loro radice, senza la quale perdono respiro e bellezza: "Sorgente dell'azione di Maria è l'ascolto e la gioia dello Sposo. La sua azione scaturirà dalla contemplazione, e non se ne staccherà mai: resterà sempre contemplativa anche nell'azione" (S. Fausti). Maria è così presa dal suo Signore che non si mette nemmeno a rispondere alla sorella, non vuole affermare nulla di sé, gli basta essere lì ai piedi di Gesù, tutta accolta e compresa nello sguardo e nella parola di colui che l'accoglie e la comprende. Per Luca questa è la radice dell'azione vera, carica di gratuità e priva di pretesa, e in qualche modo come Marta è invitata da Gesù a scegliere anche lei "la parte migliore", così noi discepoli del Signore, siamo chiamati a questa conversione da una vita di fede, dove predomina ciò che noi facciamo e che alla fine ci lascia stanchi e insoddisfatti, ad un'esistenza che continuamente si rigenera e si alimenta nell'amore a Cristo e nello stare con lui.
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