La parola
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7a domenica del tempo ordinario (anno B), Marco 2, 1-12

Il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra

Il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra

Gesù entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola. Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un'apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati». Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?»...

Il racconto della guarigione del paralitico a Cafàrnao apre una serie di controversie che l'evangelista Marco raccoglie (Mc 2,1 - 3,6) e che manifestano una prima incomprensione della persona e della missione di Gesù; anche nella narrazione di questo miracolo, la nostra attenzione è indirizzata soprattutto alla disputa con alcuni scribi e alla rivelazione racchiusa nelle parole di Cristo. Come spesso accade, il comportamento di Gesù ha un tratto sorprendente, perché, davanti all'uomo paralizzato, che è stato condotto dai suoi quattro amici, in questo modo così ingegnoso ed originale, la prima parola del maestro non riguarda la sospirata guarigione, ma il perdono dei peccati: "Figliolo, ti sono perdonati i peccati". Il verbo passivo utilizzato da Marco allude chiaramente che qui è all'opera Dio, l'unico che può perdonare i peccati e restituire all'uomo la giustizia e la verità del suo essere, e si comprende la reazione immediata di alcuni scribi, che si scandalizzano interiormente di una tale parola, e già anticipano la grave accusa che sarà rinnovata dal sinedrio nel processo finale contro Gesù: "Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?". La bestemmia è qui intesa non come insulto a Dio, ma come rivendicazione inaccettabile di un'autorità che è propria di Dio, una pretesa appunto blasfema di mettersi al livello di Dio. Qui siamo posti di fronte, già all'inizio del ministero di Gesù, al cuore della sua identità e al mistero più profondo del suo essere Figlio dell'uomo e Figlio di Dio, e davanti ad una tale pretesa inconcepibile per la fede giudaica rigidamente monoteista, ma non meno per la razionalità moderna, la libertà e la ragione degli uomini, ieri come oggi, sono provocate e quasi costrette a prendere posizione. Ma c'è un altro elemento sorprendente in Gesù, ed è la gerarchia di valore che egli afferma riguardo al perdono dei peccati e alla guarigione fisica del paralitico: infatti, nella domanda con cui incalza i suoi interlocutori, Gesù suggerisce un capovolgimento di prospettiva rispetto allo sguardo immediato e comune. Agli occhi dei presenti, il prodigio atteso era evidentemente la restituzione della salute fisica all'uomo paralitico, mentre, con ogni probabilità, nessuno aveva in vista un bene che poteva sembrare meno concreto e più aleatorio, com'è il perdono dei peccati; anche noi siamo figli di un'epoca che tante volte considera la guarigione, la salute, il benessere psico-fisico come il bene assoluto, come il segreto della felicità, come la condizione di una vita degna d'essere vissuta. Gesù ha uno sguardo più profondo e più comprensivo del dramma umano, e sa che all'uomo, anche a questo paralitico, non basta ritrovare l'uso delle gambe, per essere veramente compiuto e lieto, sa che c'è un male, alla radice della vita, che la svuota e la sfigura, e questo male è il peccato, è un'esistenza che affonda nella mediocrità e nella stanchezza dell'anima. Per Gesù il vero miracolo è far uscire l'uomo da questa prigione e ridonargli la libertà del bene e la gioia d'essere perdonato e salvato, e la guarigione fisica, che pur egli compie, è solo un segno del "potere di perdonare i peccati" che lui ha ricevuto da Dio, come Figlio dell'uomo, giudice e salvatore inviato a noi. A che cosa serve all'uomo ritrovare e conservare la perfetta integrità fisica o psichica, se poi non scopre il volto amoroso di un Dio che, nella sua misericordia senza limiti, è capace di chinarsi infinite volte sulla sua creatura fragile e ferita? Forse è sufficiente la salute per vivere in pienezza la nostra esistenza, senza restare schiacciato o rassegnati davanti all'esperienza umiliante del nostro peccato e della nostra incapacità reale a compiere il bene che pur desideriamo? Ciò non vuol dire un disinteresse manicheo e disumano per i concreti bisogni dell'uomo, ma se mai, uno sguardo più vero e più totale che, dentro le esigenze singolari e storiche delle persone, sa cogliere il bisogno, talvolta nascosto o appena accennato, di un di più, di una pienezza, di un perdono che possa ricreare anche esistenze che sembravano perdute. Tutto questo appare chiaro, guardando a Gesù e ai suoi testimoni, di ogni tempo: il Vangelo ci racconta un Gesù che si piega sulle umane miserie, che si consuma nell'accogliere e nel guarire, e che attraverso questi segni annuncia la viva presenza del Regno, mostra Dio all'opera, ne rivela il volto inconfondibile di Padre appassionato di ogni uomo. Non tutti i paralitici di Galilea hanno ripreso a camminare, così come non tutti i malati, pellegrini nei santuari mariani, hanno ritrovato la salute: ma tutti, nei gesti e nelle parole di Cristo, possono scoprirsi amati e perdonati, e tutti possono ritrovare un senso nuovo anche nelle loro sofferenze. Questo è il vero miracolo di cui è in attesa il cuore semplice dell'uomo.

Il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra
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