La parola
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Il Vangelo della Domenica, Luca 24, 35-48

Il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno

Anche il vangelo di questa domenica ci propone il primo incontro del Risorto con i discepoli, in particolare gli Undici rimasti a Gerusalemme, e un primo tratto che l'evangelista Luca accentua, nella sua narrazione, è il carattere realistico di questa presenza del Signore risuscitato in mezzo ai suoi.

Il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno

Anche il vangelo di questa domenica ci propone il primo incontro del Risorto con i discepoli, in particolare gli Undici rimasti a Gerusalemme, e un primo tratto che l'evangelista Luca accentua, nella sua narrazione, è il carattere realistico di questa presenza del Signore risuscitato in mezzo ai suoi. Non usa il verbo 'apparire, farsi vedere', ma indica lo stare di Cristo, nuovamente circondato dai suoi apostoli: 'Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: Pace a voi!'. Come spesso accade in queste manifestazioni del Risorto, la prima reazione dei suoi discepoli mostra la sproporzione dell'uomo di fronte alla novità inimmaginabile della risurrezione; è un misto di paura e di turbamento, di stupore e di gioia quasi incredula: sembra troppo bello per essere vero! Nei cuori umani, tante volte, s'insinua il veleno del sospetto, dello scetticismo, il travaglio del dubbio e della perplessità, oggi come ieri, ed è impressionante, nei racconti evangelici, come Cristo prenda sul serio questa fatica del credente, e offra dei segni chiari della verità reale della sua presenza. Agli occhi dei primi, stupiti e increduli, il Risorto mostra le sue mani e i suoi piedi, con i segni delle trafitture, e mangia, con loro e davanti a loro, non solo per esprimere un gesto conviviale di fraternità, ma per offrire una prova del suo essere veramente e corporalmente vivo: 'Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho'. Contro tutti i tentativi, anche recenti, di ridurre la risurrezione di Cristo ad un simbolo, ad una metafora, a qualcosa di indeterminato e irreale, stanno queste parole e questi gesti del Risorto, che, in modo differente, ma convergente, si ritrovano anche in altre testimonianze evangeliche: quello che è certo, è che nella confessione apostolica, riflessa nel Nuovo Testamento, la risurrezione di Cristo è un avvenimento reale e oggettivo, che trapassa i limiti della storia e dell'esperienza umana, e tuttavia si attesta con tracce e segni leggibili nella vita dei primi discepoli e testimoni. Ma ciò che è importante è riconoscere la validità permanente di questa strada di rivelazione e di conoscenza, che prosegue nel tempo, attraverso l'ininterrotta catena di testimoni, di parole e di gesti nel cammino della Chiesa. Se è vero, infatti, che l'esperienza apostolica è unica e irripetibile, e rappresenta il fondamento della fede ecclesiale, come esperienza determinante della salvezza in Cristo, è altrettanto vero che il Signore non è confinato in un passato, raggiungibile solo e parzialmente, attraverso il faticoso percorso della ricerca storica: Gesù è il vivente, e come tale, è percepito e riconosciuto nella grazia della fede, attraverso il suo mostrarsi all'opera nella vita dei suoi discepoli. Pur vivendo nel tempo della sua invisibile presenza, possiamo tuttavia toccare il suo corpo, nel corpo ecclesiale, nella carne trasfigurata dei santi, nel volto dei suoi testimoni, nei segni sacramentali, consegnati alla comunità dei credenti. Gesù non è un fantasma, affidato solo all'immaginazione della mente o agli affetti del cuore, ma è una presenza reale, che continua a sedere a mensa con noi, e che continua a sfidare la nostra incredulità e il nostro scetticismo triste, e la vita di fede si realizza tutta nel confessare e nell'accogliere il Signore risuscitato, nella forma che Lui sceglie, per raggiungere l'uomo ed entrare in contatto con gli occhi e il cuore. La pace che Gesù dona ai suoi discepoli, la sera di quel primo giorno dopo il sabato, è la stessa grazia che fiorisce nell'esistenza di chi è toccato da Lui e si apre alla libertà regale della fede; nelle parole di un padre della Chiesa, sorprendiamo la sorgente di una sicurezza, che è pace, lieta certezza di Cristo con noi: 'La pace sia con voi! Sono io; non temete! Sono io, il morto e sepolto. Sono io. Per me Dio, per voi uomo. Sono io. Non uno spirito rivestito di un corpo, ma la verità stessa fatta uomo. Sono io. Sono io, vivente tra i morti' (Pietro Crisologo, Discorso 81, PL 52, 428A-D). I discepoli sono costituiti testimoni di questo avvenimento, che può essere afferrato, nella sua pienezza, solo nella luce delle Scritture, illuminate, a sua volta, dagli eventi della Pasqua, compiuti in Cristo.Corrado Sanguineti

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