II lettura di domenica 25 aprile - Vedremo Dio così come egli è
IV Domenica di Pasqua (Anno B)
Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui.
Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.
Nella prima parte della lettera, Giovanni ha trattato della conoscenza di Dio, la quale non può restare pura astrazione, ma, per essere genuina deve farsi esperienza vissuta nell’ambito del suo amore, espresso dai comandamenti.
Passando più precisamente all’esposizione dei doveri cristiani l’autore premette la considerazione della realtà di figliolanza divina, sulla quale si fondano appunto i doveri cristiani. Cioè: il cristiano ha uno specifico comportamento, che non può che essere coerente al fatto di essere figlio di Dio.
È ovvio che il concetto di figlio di Dio, in questo testo, è diverso e superiore a quello di creatura di Dio: ossia non si fa riferimento alla vita naturale, che ha avuto origine dal Creatore, ma alla vita soprannaturale, portata da Cristo.
Tale vita trae origine dall’amore divino, il quale va considerato in tutto il suo splendore, con ammirazione e gratitudine: “Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre”.
È a motivo di questa vita, generata dall’amore divino, che i battezzati sono “chiamati figli di Dio”, ma non si tratta soltanto di una denominazione fittizia: sono “realmente” figli. Anche il vocabolo greco impiegato – “teknon” – indica colui che è “nato per generazione”.
Una generazione da non è da intendersi a livello fisico, ma spirituale, anzi soprannaturale.
Che si tratti di un tal livello è anche provato dal fatto che “il mondo” (realtà terrena avversa a Dio e ai valori spirituali) non conosce questa figliolanza, come, “non ha conosciuto” Dio, cioè non lo ha voluto riconoscere e non ne ha fatto esperienza.
Già nel prologo del Vangelo, Giovanni aveva scritto: “a quanti però l’hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio, a quanti cioè credono nel suo nome, i quali non dal sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono nati” (Gv 1,12-13).
La figliolanza divina è già attuale, durante la vita terrena, seppu¬re in maniera misteriosa; ma é destinata ad avere uno sviluppo, oltre la vita terrena, che “non è stato ancora rivelato”. Però è certo che al momento della “manifestazione”, nella vita ultraterrena, “noi saremo simili a Lui, perché lo vedremo così come egli è”.
La somiglianza dei figli sarà piena e pienamente conosciuta, allorché essi fruiranno della visione diretta di Dio “così come egli è”.
Scriverà S. Paolo ai Corinti: “Noi ora vediamo come in uno specchio, in un'ombra; allora invece vedremo faccia a faccia” (1a Cor. 13,12).
Il credente vive tra la certezza dell’attuale, nascosta e misteriosa figliolanza divina e la tensione di speranza verso la pienezza esaustiva della stessa vita soprannaturale.
In tale tensione si colloca e si giustifica l’impegno quotidiano del battezzato.
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