II lettura di domenica 12 settembre - La fede se non è seguita dalle opere in se stessa è morta
XXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)
A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere? Quella fede può forse salvarlo?
Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi», ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta.
Al contrario uno potrebbe dire: «Tu hai la fede e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede».
Giacomo “ai fratelli” di fede, destinatari del suo insegnamento e suoi ipotetici interlocutori pone domande circa la coerenza tra convinzioni religiose ed esistenza quotidiana, quindi circa il rapporto tra fede ed opere. Il primo interrogativo, molto sintetico e quasi personalizzato: “che giova se uno dice di avere la fede, ma non ha le opere?”. E poiché il giovamento è in relazione alla salvezza eterna, incalza più preciso il secondo interrogativo: “forse quel tipo di fede [senza le opere] può salvarlo?”. Anziché una risposta l’Apostolo aggiunge un'altra domanda retorica: a chi non ha vestito né cibo è sufficiente dire buone parole di benevolenza, senza accompagnarle da aiuto? “Costui – commenta S. Giovanni Crisostomo – non si riterrebbe forse sbeffeggiato ed insultato in modo atroce?”. La risposta è ovvia. Ebbene – sentenzia Giacomo – “così è anche per la fede: se non ha le opere, è morta in se stessa”. Ossia chi crede dice di credere in Gesù, non può non seguire i suoi esempi e i suoi insegnamenti. E conclude ipotizzando uno scambio di battute tra un cristiani: uno, il quale afferma di possedere la fede senza le opere ed uno che dice di compiere le opere. Questi lancia una sfida: “mostrami la tua fede senza le opere ed io con le mie opere ti mostrerò la mia fede”. Paolo ha affermato che la salvezza viene a noi dalla fede e non dalle opere della legge. Ossia: la salvezza è atto della misericordia di Dio, mediante i meriti di Gesù Cristo, non per i meriti dell’uomo che osserva la legge; se fosse sufficiente l’osservanza della legge, la venuta e la redenzione di Cristo sarebbero state superflue. Se la fede e la salvezza sono dono di Dio, le opere sono prova e testimonianza dell’accoglienza del dono e adesione concreta alla proposta divina in Gesù. Infatti Paolo afferma frequentemente che la fede deve essere operosa, deve vivere soprattutto attraverso la carità (Gl 5,6; 1 Tm 1,3) e che la sincerità della propria adesione a Dio deve trovare una costante verifica nell'impegno di una vita pura e santa.
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