I lettura di domenica 4 giugno 2023
Anno A - Santissima Trinità
Dal libro dell’Esodo
Es 34,4b-6.8-9
In quei giorni, Mosè si alzò di buon mattino e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva comandato, con le due tavole di pietra in mano.
Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui, proclamando: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà».
Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervìce, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa’ di noi la tua eredità».
È la seconda volta che Mosè “sale sul monte”, recando due lastre di pietra per incidervi la Legge di Dio. Perché la prima, rientrando nell’accampamento, alla vista del culto dato dagli israeliti al “vitello d’oro”, aveva infranto le lastre che portavano incise le parole divine.
Poi Jahvè gli aveva detto: “Taglia due tavole di pietra simili alle prime; scriverò sulle tavole le parole che erano scritte sulle tavole di prima, che tu hai spezzato. Sii pronto per domani mattina: domani mattina salirai sul monte Sinai e là, in cima al monte starai a mia disposizione”.
Dio aveva fatto notare che Mosè aveva frantumato le tavole, di sua iniziativa, non per ordine divino.
Mosè dunque obbedisce a quanto “il Signore gli aveva comandato”. E Jahvé si rende presente “presso di lui”, non direttamente, ma “nella nube”, un elemento naturale adottato da Dio per indicare la sua straordinaria presenza in un luogo: la nube mentre nasconde, fa percepire che dietro o dentro c’è qualcosa o qualcuno.
All’atteggiamento di lode adorante di Mosè – “proclama il nome del Signore” – fa riscontro quello di Jahvé, il quale gli “passa avanti”, ribadendo la volontà di essere guida di Mosè e del popolo, e soprattutto proclamandosi “Dio misericordioso e pietoso”: è la sua disposizione fondamentale, permanente, inscalfibile ed irrinunciabile ad amare l’uomo, nonostante i suoi tradimenti, le sue ribellioni. Di fronte alle infedeltà dell’uomo, Dio trattiene quanto più possibile il castigo – “l’ira” della giustizia contaminata – in attesa che della sua resipiscenza. Continua ad elargire “grazia”, mantenendo, da parte sua, “fedeltà” al patto di alleanza: egli non si negherà mai all’uomo. Potrà essere l’uomo a negarsi a Dio.
Mosè ne è convinto e, consapevole dell’indegnità e della fragilità della sua gente, interpone la sua mediazione, facendo appello al favore di cui gode davanti a Dio: “Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, mio Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi”.
Sa che se il suo popolo ha “la testa dura”, la misericordia di Dio è tanto grande da continuare a perdonare i peccati – di cui, ovviamente si dichiarerà pentito – e da considerare Israele ancora sua “eredità”, sua proprietà, destinatario dei suoi benefici.
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