I lettura di domenica 29 gennaio - IV domenica del Tempo Ordinario
Anno A - In Dio la felicità
Dal libro del profeta Sofonia
(Sof 2,3; 3,12-13)
Cercate il Signore
voi tutti, poveri della terra,
che eseguite i suoi ordini,
cercate la giustizia,
cercate l'umiltà;
forse potrete trovarvi al riparo
nel giorno dell'ira del Signore.
«Lascerò in mezzo a te
un popolo umile e povero».
Confiderà nel nome del Signore
il resto d'Israele.
Non commetteranno più iniquità
e non proferiranno menzogna;
non si troverà più nella loro bocca
una lingua fraudolenta.
Potranno pascolare e riposare
senza che alcuno li molesti.
S ofonia (nome che significa “Jahvè nasconde”), contemporaneo di Geremia, compie la sua missione intorno al 630 a.C. mediante diversi vaticini, successivamente raccolti in scritto dai suoi discepoli.
La presente pagina liturgica unisce due brani, che però nel libro non sono in immediata successione. La connessione è tuttavia giustificata dall'identità di tematica.
L'epoca è caratterizzata dalla riforma religiosa del re Giosia (639-609 a.C.) la quale tuttavia, al momento non è ancora riuscita ad eliminare l'immoralità attestatasi in precedenza nel regno di Giuda; a causa della dipendenza dall'Assiria, il cui re Asarhàddon era riuscito a diffondere il culto alle proprie divinità nel Popolo di Jahvè.
In questo momento di passaggio e quindi di inevitabile, comprensibile confusione il Profeta con la propria esortazione si propone di incoraggiare il ripristino della fedeltà alla volontà Dio, espressa nei “suoi ordini”. L'invito è particolarmente dinamico: “cercate”, insiste per due volte. Viene espresso dunque lo zelo, la preoccupazione, la passione di mettersi in armonia con Dio.
Tale fervore deve essere indirizzato alla “giustizia” (“sedek”) cioè alla salvezza: infatti essere “giusti” nella Bibbia è sinonimo di attuare quanto Dio ordina e quindi di entrare nell’angolazione della sua giustizia, che premia il bene e castiga il male. Di qui l'esortazione a “cercare l’umiltà”, ossia l'atteggiamento interiore di completo affidamento alla ricchezza di Dio, partendo dalla consapevolezza della povertà della condizione umana e, conseguentemente, rifiutando di far assegnamento sulla ricchezza terrena, che tende a conferire un senso di autosufficienza, quindi di orgoglio.
“Giustizia” e “umiltà” sono concettualmente sinonimi della salvezza che soltanto Dio può dare. E tale ricerca attiva pone “al riparo”, al sicuro nel momento del giudizio divino (“il giorno dell'ira del Signore”, di cui si sottolinea l'atteggiamento punitivo, contrapposto a quello premiante, riservato appunto a chi “cerca giustizia e umiltà”). In effetti Dio è proteso alla salvezza piuttosto che alla condanna. Promette senz'altro al “resto di Israele” la permanenza nell’umiltà e nella povertà (secondo la concezione suddetta).
Com'é noto “il resto di Israele” è espressione tipica dei profeti per indicare il nucleo del Popolo Eletto che nonostante tutte le traversie e le tentazioni rimane fedele a Jahvè. Da questo “resto di Israele” rinascerà il Popolo di Dio, destinato alla santità (“non commetteranno più iniquità, non proferiranno menzogna” ).
Suo scopo sarà la pace, come quella del gregge che pascola e riposa al sicuro da ogni male. È la promessa della protezione di Dio, conseguente alla passione per la fedeltà al suo amore.
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