III domenica dâAvvento (anno C), Luca 3, 10 â 18
E noi che cosa dobbiamo fare?
In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile». Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.
In questa terza domenica d'Avvento, potrebbe sembrare che vi sia quasi un contrasto tra la pagina di vangelo e le altre due letture: mentre nel testo di Sofonìa (Sof 3,14-17) e in quello tratto dalla lettera di S. Paolo ai Filippesi (Fil 4,4-7), domina un linguaggio di gioia e d'esultanza, nel passo di Luca ascoltiamo la forte predicazione di Giovanni il Battista, che prospetta un giudizio ormai imminente, da parte del Messia, "in Spirito Santo e fuoco". Anzi l'evangelista Luca tende a dare un carattere etico all'insegnamento del profeta, facendo risuonare, per tre volte, la domanda: "Che cosa dobbiamo fare?": è lo stesso interrogativo sulla bocca dei Giudèi, dopo avere ascoltato il primo annuncio di Pietro nel giorno di Pentecoste (cfr. At 2,37: "Che cosa dobbiamo fare, fratelli?"). Le indicazioni limpide del profeta, rivolte a varie categorie d'interlocutori, orientano ad una scelta del bene, realizzata nelle differenti condizioni di vita: alle folle, Giovanni rivolge l'invito a vivere una carità fattiva verso coloro che sono nel bisogno, ai pubblicani chiede d'esercitare il loro compito di riscossione dei tributi con onestà e senza vantaggi indebiti per sé, ai soldati richiama l'esigenza di compiere, senza soprusi, il loro servizio, accontentandosi delle proprie paghe. È facile ravvisare in queste parole una sorte di catechesi morale, che vuole offrire dei criteri di fondo da seguire, anche al di là delle particolari situazioni evocate, e siamo in linea con la scelta di Luca di dare rilievo, anche nel successivo insegnamento di Gesù, alla dimensione morale della sua sequela, con tutte le sue esigenze radicali. A prima vista, siamo distanti dal clima di letizia che traspare dalle altre letture di questa terza domenica d'Avvento, che si distingue come domenica della gioia. Ancor più difforme appare la seconda parte della predicazione di Giovanni, il quale prende le distanze da coloro che si domandano se non sia lui il Messia atteso, e orienta l'attenzione del popolo al vero Messia, ormai veniente: "Viene colui che è più forte di me. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco". L'associazione dello Spirito con il fuoco non va intesa alla luce dell'evento di Pentecoste, che lo stesso Luca narrerà all'inizio degli Atti, ma alla luce delle parole che seguono, che, in modo indubitabile, parlano di un giudizio che il Messia sta per realizzare, dove il fuoco rappresenta un elemento distruttore per bruciare la paglia, ben distinta dal frumento raccolto. Dietro le immagini, è chiaro che Giovanni intravede nell'atteso d'Israele il giudice che opererà un discernimento ed una purificazione. Stranamente, però, Luca definisce la predicazione del Battista come un annuncio buono: "Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo". Viene naturale chiedersi: in che cosa consiste la bontà di un tale annuncio? Che legame c'è tra questa parola e l'invito alla gioia che risuona nella liturgia di questa terza domenica d'Avvento? In realtà, se proviamo ad attraversare la superficie delle parole, possiamo percepire un legame, anzi siamo provocati a comprendere l'originale esperienza della letizia evocata dagli altri testi liturgici. In effetti, c'è una gioia che scaturisce dal bene, dalla giustizia praticata e rispettata, dalla carità vissuta come regola suprema dei rapporti umani: il cuore dell'uomo, se è leale e semplice, avverte l'attrattiva della giustizia e dell'amore gratuito, e anche quando fa' i conti con la meschinità e l'incoerenza dell'umano agire, resta in lui il richiamo potente dell'ideale. In questo senso le esortazioni del Battista, che anticipano aspetti dell'annuncio di Gesù, esprimono le esigenze del bene, talvolta arduo, ma sempre generatore di pace e di gioia. Così l'annuncio del Messia veniente è lieto annuncio, perché racchiude la certezza che ormai è presente in mezzo a noi Colui che più forte, capace di vincere il male e di aprire un cammino di liberazione: tutto il racconto di Luca mostrerà all'opera Gesù nella sua lotta contro il vero Nemico dell'uomo e nei suoi gesti di salvezza, e il giudizio prospettato da Giovanni, senza perdere il suo carattere di drammatico discernimento, acquisterà la forma di una presenza di grazia e di misericordia, capace di gioire per la conversione di ogni peccatore, e di smascherare la falsa presunzione dei "giusti".
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