Domenica delle Palme - anno C, Lc 22,14-23,56
Domenica delle Palme e Passione del Signore
Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passioneQuando venne l'ora, [Gesù] prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse loro: "Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, perché io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio". E, ricevuto un calice, rese grazie e disse: "Prendetelo e fatelo passare tra voi, perché io vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non verrà il regno di Dio".
Fate questo in memoria di me.
Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: "Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me". E, dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: "Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi".
Nel racconto della passione e morte di Gesù, l'evangelista Luca mostra una capacità di rappresentare e di dipingere gli eventi e i volti, e ci permette di sostare davanti alla passione di Cristo, al di là della sua dura realtà, come evento di rivelazione, tanto che solo Luca, alla fine del racconto, parla della "folla che era venuta a vedere questo spettacolo" (Lc 23,48).
Si tratta di una "visione" (in greco: "theoría) che da subito suscita partecipazione e pentimento: "ripensando a quando era accaduto, la folla se ne tornava, battendosi il petto". È una visione, offerta anche ai nostri occhi, che racchiude una rivelazione: "La morte in croce è uno spettacolo, una rappresentazione di Dio: si apre il velo del Santo dei santi, e vediamo faccia a faccia la profondità del suo mistero" (S. Fausti).
Possiamo allora chiederci qual è il volto di Dio che vediamo in Gesù sofferente e crocifisso, così come Luca lo delinea ai nostri occhi? Innanzitutto, in Gesù, si fa presente un Dio che serve, secondo le parole di Cristo nell'ultima cena lucana: "Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve" (Lc 22,27).
Questo farsi servo di Dio nel suo Messia si realizza in tutta la storia di Gesù, e raggiunge ora il suo culmine, nel gesto eucaristico, che anticipa e introduce il dramma del corpo "dato per voi" e del sangue "versato per voi" e su questo sfondo, appare forte il contrasto tra l'agire di Cristo e la miseria dei Dodici che, in quella cena, si mettono a discutere su chi tra loro debba essere considerato il più grande (Lc 22,24-27). Commenta efficacemente il cardinale Chistoph Schönborn: "Discussione clericale, discussione da sacrestia nella Camera Alta, la sera prima della Passione, nella notte in cui Gesù fu consegnato, in cui si è consegnato liberamente alla Passione". Un secondo tratto evidenziato da Luca è che il Dio di Gesù Cristo, il Padre che egli rivela fino alla fine e al quale si abbandona in piena fiducia, è un Dio che sta dalla parte degli innocenti ingiustamente condannati, è un Dio che si mette accanto agli sconfitti della storia, proprio nella persona di Gesù, Figlio e Messia, che continuamente è proclamato innocente, nella narrazione lucana. Pilato, per tre volte afferma: "Non trovo in quest'uomo alcun motivo di condanna. Ma che male ha fatto costui?" (Lc 23,4.14.22). Eppure, alla fine, lo condanna al supplizio crudele e umiliante della croce, insieme a due malfattori, come il giusto servo di Dio "annoverato tra gli empi" (Lc 22,37 che cita Is 53,12).
Il popolo e le donne, lungo la via del Calvario, si battono il petto su di lui, e fanno lamenti, ben sapendo che Gesù è l'innocente, ma nulla possono sulla violenza del potere; anche uno dei ladroni confessa: "Egli non ha fatto nulla di male" (Lc 23,41) e il centurione dà gloria a Dio, dicendo: "Veramente quest'uomo era giusto".
Tante voci che esprimono una verità profonda: Gesù è il servo giusto e innocente, che concentra in sé la sofferenza patita dalle tante vittime dell'ingiustizia e della violenza, e vive tutto ciò come suprema fedeltà al Regno, come radicale affidamento al Padre: e il Padre è con lui, sta con lui, già trasforma la sua morte in un gesto d'amore libero e totale, e già prepara il riscatto nella risurrezione del crocifisso. Infine, un ultimo tratto lucano che percorre tutto il racconto della passione, è la misericordia che si mostra nelle parole e nei gesti di Cristo: qui raggiungiamo il cuore della "visione" che siamo chiamati a fissare e a guardare, con stupore e riconoscenza. Gesù circonda del suo amore misericordioso è gratuito Simone, con l'assicurazione della sua preghiera per lui, "perché non venga meno" e con lo sguardo che lo perdona, dopo il rinnegamento; Gesù ha parole di pietà per le donne che piangono su di lui, nella sua breve "via crucis" e nel momento in cui è crocifisso, prega, giungendo ad abbracciare l'incomprensibile: "Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno". Sulla croce, infine, accoglie il grido del malfattore e lo assicura: "Oggi con me sarai nel paradiso".
Ecco nell'ora della croce, possiamo vedere il volto di Dio, del Dio vivo e amante dell'uomo: un Dio che serve fino all'estremo, un Dio che soffre con gli innocenti, un Dio che tutto abbraccia in una misericordia senza confini e senza sponde.
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