17a domenica del Tempo Ordinario - anno C, Luca 11, 1-13
Chiedete e vi sarà dato
Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:âPadre,sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazioneâ».
Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:âPadre,sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazioneâ». L uca è l'evangelista che dà maggior spazio al tema della preghiera, sia con la frequente menzione di Gesù che prega, sia con testi che racchiudono quasi una catechesi sulla preghiera. Il passo evangelico offerto al nostro ascolto raccoglie entrambe le dimensioni, perché tutto nasce dal gesto di Cristo in preghiera e dalla successiva domanda di uno dei discepoli: 'Signore, insegnaci a pregare'. Anche se la preghiera appartiene alla struttura profonda d'ogni uomo, essere aperto al Mistero, rimane vero che non è una pura spontaneità : la preghiera s'impara, e s'impara guardando qualcuno che prega prima di noi e con noi, e inserendoci in una tradizione viva che ci precede e ci genera. Infatti c'è un legame costituivo tra fede e preghiera, e come non siamo noi a creare la fede cristiana, ma la riceviamo e la assumiamo dentro un popolo di credenti, così non siamo noi ad inventare la preghiera cristiana, tutta plasmata dalla novità di Gesù e della rivelazione del Padre che in lui avviene: 'à attraverso una tradizione vivente che lo Spirito Santo insegna a pregare ai figli di Dio, nella chiesa che crede e che prega' (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 2650). In questa prospettiva il primo luogo dove si respira la novità e la ricchezza della preghiera cristiana è la liturgia, che è allo stesso tempo opera di Dio, 'opus Dei', e azione del popolo, dove Cristo si fa presente e coinvolge i credenti nella sua relazione d'amore con il Padre. Certo, il desiderio di pregare è suscitato e alimentato dalla grazia di testimoni, d'autentici uomini, trasfigurati nella preghiera, nella verità del loro rapporto con il Dio vivente, e così è accaduto al discepolo senza nome del vangelo di Luca: vedendo Gesù in preghiera, ha sentito il desiderio di avere parte all'esperienza unica e singolare del suo maestro, e chiaramente, quando Gesù ha insegnato il 'Pater', non ha voluto dare una specie di formula, uno schema da ripetere meccanicamente, ma ha voluto comunicare ciò che animava la sua vita di Figlio, tutto rivolto al Padre, tutto proteso al regno e alla volontà del Padre, tutto dipendente dal Padre. Così pronunciare le domande del 'Padre nostro', è una strada semplice per rivivere in noi il movimento fondamentale di Cristo, per ritrovarci anche noi come figli amati, che pongono tutta la loro fiducia nel Padre, e per aprire il nostro cuore a riconoscere e a ricevere i doni del Padre. Pregare in Cristo e con Cristo, nel flusso ininterrotto della tradizione e dell'esistenza ecclesiale, significa entrare sempre più in profondità nella nostra identità di figli di Dio, rinnovare la certezza che c'è un Padre che si prende cura di noi e che in Gesù ha mostrato il suo volto d'amore. Così la preghiera, sia come gesto che come dimensione della vita, non è un esercizio devoto senza incidenza, non ci lascia come siamo, ma ci trasforma, ci fa assumere i tratti più autentici e più veri del nostro essere uomini, perché nell'umile domanda a Dio, noi ci ritroviamo per quello che siamo: poveri che nulla hanno e tutto chiedono. I tre verbi che Gesù impiega, a commento della breve parabola dell'amico importuno, 'chiedete, cercate, bussate' sono i verbi del mendicante, del cercatore, del pellegrino che ha bisogno di essere ospitato, e pregare significa riconoscere la nostra radicale indigenza, e farla diventare una domanda, carica di fiducia e di apertura umile, nei confronti del Dio che solo può rispondere al grido del nostro cuore. Come appare chiaro nella parabola che Gesù racconta, è in questo contesto di relazione amicale e fiduciosa, che si colloca una preghiera perseverante, insistente, quasi invadente, che non ha paura di stancare Dio ed è sicura che il Padre non può dare cose cattive ai suoi figli. Soprattutto c'è un dono radicale e decisivo che Cristo ci assicura e che il Padre non farà mancare a coloro che glielo chiedono, ed è il dono dello Spirito Santo: per l'evangelista Luca, come apparirà chiaro nel cammino della comunità apostolica nel libro degli Atti, è lo Spirito che assicura la presenza viva del Risorto tra i suoi, ed è il suo soffio invisibile, ma reale, che consente ai credenti di affrontare ogni prova e di attraversare con speranza e letizia ogni circostanza, oggi, come agli inizi; così la preghiera è sostanzialmente invocazione allo Spirito, dono fedele che il Padre elargisce.
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