Recovery, arrivano i primi 25 miliardi
Fra le forze governative non mancano gli attriti sulla modalità di utilizzo
La decisione dei parlamenti di Finlandia, Polonia, Romania e Olanda di dare il via libera al Recovery Plan ha scongiurato il rischio di un rinvio della fase operativa e avviato la procedura per applicare concretamente il Next Generation Eu con il versamento entro l'estate della prima tranche di fondi che per l'Italia vale 25 miliardi (di cui 11 miliardi emessi sotto forma di prestiti da rimborsare nel lungo periodo e la parte restante come "grants" e cioè sovvenzioni a fondo perduto) che dovrebbero essere nella disponibilità del Tesoro entro la fine di luglio.
Con la ratifica e l'approvazione del Piano da parte di tutti i membri dell'Unione e del provvedimento "Risorse proprie", ossia le modalità di finanziamento del Recovery, diventa ora possibile per la Commissione predisporre il piano per raccogliere sui mercati i fondi necessari per procedere con l'erogazione delle risorse destinate ai singoli paesi.
Il 24 giugno è prevista l'approvazione definitiva del Consiglio europeo dello strumento necessario per la collocazione dei nuovi "eurobond", con una prima tranche di circa 50 miliardi di euro che saranno raccolti sui mercati con obbligazioni a tassi di interesse molti contenuti ma che, nel contesto di mercato attuale, sono molto richiesti ed apprezzati dagli investitori internazionali.
La Commissione prevede a breve di pubblicare il calendario completo di tutte le emissione per circa 150 miliardi l'anno fino al 2026 utilizzando principalmente le classiche emissioni di "obbligazioni verdi", con una scadenza che varia dai cinque ai trent'anni ed uno strumento assolutamente innovativo denominato "EuBills", che sostanzialmente corrispondono ai nostri Bot con una durata prevedibilmente inferiore ad un anno.
Lo scenario che si sta delineando permette finalmente al nostro esecutivo di impostare l'avvio dei progetti del Recovery Plan e programmare un percorso per rimettere in moto l'economia del nostro paese; purtroppo sono immediatamente sorti contrasti e contrapposizioni anche tra le forze politiche che compongono la maggioranza ed hanno permesso la nascita del governo Draghi che è impegnato in una corsa contro il tempo per rispettare il cronoprogramma imposto da Bruxelles vincolante per l'ottenimento dei fondi messi a nostra disposizione dall'Europa.
Gli attriti più forti sono nati sul decreto Semplificazioni, poi congelati con l'approvazione del decreto che dovrà però ora superare l'esame di Camera e Senato: il Pd si è unito in una dura critica a sindacati, associazioni antimafia: Leu e Articolo 1 temono i rischi legati al meccanismo del massimo ribasso e la liberalizzazione completa dei subappalti. Enrico Letta ha chiarito: "Il diritto in economia è come un semaforo e la luce verde serve per velocizzare, quella rossa per prevenire gli abusi, la corruzione e le infiltrazioni mafiose".
L'enorme mole di investimenti che dovranno essere realizzati nei prossimi sei anni impone a tutte le forze politiche di confermare in Parlamento la ragionevole sintesi che è stata trovata e che da una parte permette di velocizzare una burocrazia che in molti casi impedisce di fatto che vengano portate a termine opere infrastrutturali strategiche fondamentali per il nostro paese e dall'altro mantiene un ferreo controllo sia in termini di legalità che di sicurezza su un mondo che troppo spesso privilegia gli aspetti economici a discapito dell'uomo e della legalità.
Mario Draghi sul tema della fine del blocco dei licenziamenti aveva sottolineato che le nuove norme sono una mediazione in linea con i paesi Ue.
In effetti solo in Spagna e Grecia sono ancora in vigore blocchi ai licenziamenti analoghi a quelli italiani, ma la reazione è stata durissima sia da parte dei sindacati: Maurizio Landini, leader della CGIL, ha dichiarato che "valuteremo quali iniziative mettere in campo, non ne escludo neanche una. Non si può cambiare il Paese contro e senza il mondo del lavoro”. Si tratta di un tema drammatico con la Banca d'Italia che prevede 577mila posti di lavoro a rischio, l'Ufficio Parlamentare di Bilancio che ne stima 130mila ed in sindacati che parlano di due milioni di occupati in meno. Sono numeri che appaiono lontanissimi gli uni dagli altri ma che in realtà rispecchiano una realtà rappresentata da chi un lavoro lo ha già perso, chi non lo cerca neanche più e chi è sfuggito, per i motivi burocratici più diversi, dall'inserimento nel numero delle persone a rischio.
La realtà è però che ogni giorno sempre più famiglie si trovano in difficoltà per la mancanza di un'occupazione ed oltre a scendere sotto la soglia della povertà perdono anche la dignità che solo un lavoro sicuro e duraturo può garantire.
Il ministro dell'Innovazione Vittorio Colao ha dichiarato che entro il 2022 l'Italia avrà finalmente una Pubblica amministrazione tutta digitale con vantaggi enormi sia per le persone che per le aziende e che sarà realizzato "Un cloud per una Pa tutta digitalizzata”.
In questa situazione, con la prospettiva di un rapido arrivo delle prime risorse messe a disposizione dal Recovery Plan, è necessario offrire il massimo sostegno e tranquillità operativa al premier Draghi ed al suo governo, affinchè possano concentrarsi su un lavoro già difficilissimo e complicato anche per i tempi vincolanti di realizzazione dei progetti messi in campo.
Il Parlamento ha il dovere di bloccare sul nascere ogni forma di ostruzionismo, anche se non dichiarato, e supportare l'azione dell'esecutivo con tempi rapidi che possano permettere una veloce ripartenza dell'economia evitando quindi il disastro dei licenziamenti che potrà essere risolto solo creando nuovi posti di lavoro in un'economia "sana" in grado di garantire un equilibrio economico e finanziario e non drogata da continui aiuti e sussidi che non potranno essere garantiti all'infinito.
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