Recovery Fund: all'Italia serve un piano comune
Il Paese è alle prese con il problema pensioni e la gestione dei fondi europei
Christine Lagarde, presidente della Bce, parlando davanti all'Assemblea Parlamentare franco-tedesca, ha sottolineato come, dopo un rimbalzo nel terzo trimestre, la ripresa sia "molto incerta, disomogenea ed incompleta" e che "tutto dipenderà dall'evoluzione della pandemia e dalle misure di contenimento" che verranno adottate dai Paesi.
La situazione si è aggravata anche a causa dell'apprezzamento dell'euro sul dollaro che è stato provocato dalle decisioni assunte dalla Fed, che ha deciso di spostare il suo focus sull'occupazione per decidere le sue politiche monetarie del futuro, che è arrivato a quotare 1,18 creando gravi problemi alle nostre esportazioni. Le ultime stime che saranno contenute nella Nadef (la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza) che il governo dovrebbe varare in questi giorni lasciano molto perplessi e appaiono estremamente ottimistiche con obbiettivi di carattere macroeconomico difficilmente raggiungibili con il Pil che nel prossimo anno dovrebbe rimbalzare del 6 % e quest'anno fermarsi ad un calo del 9 % ampiamente sotto le stime di Ocse, Fmi e Ue. Nello stesso documento è inserita una previsione di discesa di cinque punti del nostro debito pubblico nel prossimo triennio. Nel 2023 dovrebbe quindi attestarsi intorno al 152/153 % del Pil con un percorso di rientro di oltre 1,5 punti all'anno. Queste cifre guideranno la costruzione della legge di Bilancio che arriverà in Parlamento il 20 ottobre ma che se troppo ottimistiche rischiano ancora una volta di portare ad una legge che non riuscirà poi a fronteggiare la realtà.
Un paese in perenne stagnazione, in un contesto così grave come quello attuale, rischia di colpire i suoi giovani sia con una riduzione dell'assegno previdenziale fino al 30% sia con una carriera intermittente caratterizzata da precarietà ed incertezza alla perenne ricerca di un contratto per sopravvivere per un po' di tempo. Quando l'economia non cresce, o cresce troppo poco, le pensioni scendono e l'aggancio al Pil nell'anno del Covid19, voluto dalla riforma Dini del 1996 che correlava le pensioni alla media quinquennale del Pil, accende un allarme per il futuro delle giovani generazioni che rischiano di non riuscire ad avere una vita dignitosa quando dovranno lasciare il mondo del lavoro attivo. Il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo sta calcolando con i tecnici del ministero l'impatto sugli assegni futuri del tragico anno 2020, ipotizzando un intervento legislativo per sterilizzarlo.
Mentre non si sa come poter garantire un futuro dignitoso ai pensionati di domani, sembra che l'unico problema del ministro del Lavoro sia quello di garantire a Pasquale Tridico, presidente dell'Inps, un sostanzioso aumento di stipendio come stabilito il 7 agosto, di concerto con il collega del Tesoro Gualtieri, con un atto che fissa i suoi emolumenti a 150mila euro all'anno. Questa decisione è conseguente a quanto deciso dal Cda dell'Inps che in piena pandemia si era riunito nel bel mezzo del lockdown per autoassegnarsi quanto poi suggerito al ministro Catalfo. Si tratta di un passaggio che potrebbe sembrare irrilevante se non fosse che esiste una Legge che prevede che per aumentare gli stipendi è prima necessario dimostrare di aver conseguito una "riduzione strutturale delle proprie spese di funzionamento". L'unica cosa dimostrabile è che mentre non si riusciva ad erogare i bonus ed i contributi per aiutare le persone che non potevano lavorare a causa del Covid19 il Cda dell'Inps aveva però il tempo e le risorse per occuparsi degli emolumenti dei componenti dello stesso consiglio.
Mentre l'Europa lavora per studiare come utilizzare i fondi del Recovery Plan investendo in grandi progetti strategici, con investimenti nella mobilità elettrica autoveicolare, nelle ferrovie, nella coesione sociale, con la Francia che mira a diventare l'Hub dell'idrogeno in Europa, l'Italia sembra smarrita e stritolata dalla solita infinita serie di miniprogetti che non riusciranno a dar vita ad un grande piano per la ripresa nazionale. In questa fase è indispensabile lavorare bene per spendere e investire strategicamente ed è necessario concentrarsi su poche fondamentali iniziative che possano segnare il punto di rinascita economica e sociale del nostro paese anche tenendo conto che comunque la tempistica per l'ottenimento dei fondi non sarà breve.
Fonti comunitarie ricordano costantemente che "L'esborso reale dei fondi non è probabile prima del 2022-2023 tenendo in considerazione i tempi medi che occorrono già oggi per assorbire i fondi del bilancio europeo". In questo contesto così grave è necessario che l'esecutivo abbandoni le decisioni dettate dalla politica e dalle strategie per aumentare il consenso ai partiti che lo sostengono adottando scelte, magari dolorose, ma improrogabili. I dati su Alitalia che nel semestre ha bruciato 490 milioni di euro, in un contesto che vede il traffico internazionale in caduta del 92%, impongono l'elaborazione di un piano strategico; diventa necessario decidere se e come portare avanti la produzione industriale di acciaio dell'ex Ilva dopo gli ormai interminabili negoziati con Arcelor-Mittal. E' arrivato per il nostro esecutivo il momento di decidere se agire e lavorare per il futuro per risollevare il nostro paese da una crisi economica e sociale gravissima o continuare a galleggiare in un mare di compromessi e piccoli interessi di parte e personali che drenano risorse ed energie che devono essere invece integralmente canalizzate per riuscire ad elaborare un grande piano di rilancio dell'economia che possa garantire lavoro e dignità a tutti.
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