Pandemia e crisi sanitaria
Il Pil arresta la crescita e non aumentano i salari
Il Bollettino Economico della Banca d'Italia abbassa le stime sulla crescita del Pil per quest'anno al 3,8%, con un dato meno ottimistico di quello indicato dall'esecutivo nella Nota di aggiornamento al Def che stimava un più 4,7% programmatico, vincolato all'attenuazione della diffusione della pandemia dalla prossima primavera e alla reale attuazione del Pnrr sia per quanto riguarda i progetti infrastrutturali che per le grandi riforme inserite nel Piano che saranno però difficilissime da portare a termine.
Il calo della crescita influisce anche sulle stime del 2023 che si ferma ad un 2,5% e del 2024 che non riesce a superare un risicato 1,7 per cento. Bankitalia conferma che l'occupazione tornerà ai livelli pre-Covid ma che i salari non avranno "significative accelerazioni nel 2022" e, con una previsione del rialzo dell'inflazione per quest'anno al 3,5%, dell'1,6% nel 2023 e del 1,7 nel 2024, molte famiglie scenderanno sotto la soglia della povertà ed in generale la capacità di spesa degli italiani subirà una forte contrazione con un ulteriore danno per il commercio ed il turismo.
In questa situazione la Banca d'Italia registra come le famiglie si sentano esposte ai rischi della crisi economica scatenata dall'emergenza sanitaria dovuta alla pandemia da Covid19 ed abbiano assunto un atteggiamento estremamente prudente che sta causando un forte rallentamento nei consumi che vedono spostarsi al 2023 il recupero dei livelli pre-crisi mentre la curva del tasso di risparmio comincerà ad abbassarsi soltanto nel 2024.
Antonio Patuelli, presidente dell'Abi, ha ricordato come di fronte a questa situazione di crisi sanitaria "non bastano moratorie e misure analoghe ma serve un disegno complessivo" e ha confermato che "Vivo questi giorni con grande preoccupazione, la nuova emergenza sanitaria pone interrogativi e problemi anche dal punto di vista sociale ed economico. Bisogna riconsiderare la politica dei fattori produttivi: è questo il metodo che bisogna darsi".
La prima riunione dell'Eurogruppo del 2022 ha confermato la netta divisione tra i partners europei sulla riforma del Patto di stabilità. Bruno Le Maire, ministro delle Finanze francese, paese che guiderà il semestre europeo, ha invece ribadito: "Sul debito servono regole meno rigide per sostenere la crescita", "La regola del debito pubblico è obsoleta" e "Ci sono varie proposte sul tavolo, prendiamoci il tempo necessario per esaminarle tutte. Dovrebbe spettare agli Stati definire tappe e cambiamenti necessari alle loro politiche economiche per tornare a finanze sane".
Il nuovo ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner ha confermato una maggiore disponibilità della Germania a valutare modifiche al Patto di stabilità tenendo conto dell'esigenza di finanziare un'ambiziosa e costosa rivoluzione verde e ribadito un'apertura a "un sensato sviluppo delle regole, nel solco della flessibilità dimostrata durante la pandemia". L'analisi di queste parole di disponibilità mette in chiara evidenza come si tratti di un percorso legato al rispetto degli impegni assunti dai vari Paesi in sede di presentazione dei Piani nazionali e come non si tratti di una generica disponibilità ad accumulare nuovo debito senza regole come accaduto durante il periodo dell'emergenza sanitaria che , proprio per la sua straordinaria eccezionalità, ha permesso di accantonare provvisoriamente ogni regola economica in favore delle azioni necessarie per la tutela della salute dei cittadini.
A Bruxelles è forte la preoccupazione che il nostro Paese non riesca a raggiungere i traguardi previsti dal Pnrr per gli interventi infrastrutturali e per le grandi riforme che sono ancora ferme e si comincia a parlare di "redeployment" e cioè alla possibilità , prevista formalmente, di rivedere per l'Italia i piani già presentati ed approvati dalla Commissione e dal Consiglio europeo in modo da permetterci di ottenere la nuova tranche da 40 miliardi di euro anche in assenza del raggiungimento dei 102 target previsti nel Pnrr per il 2022. Si tratta di una sfida che inciderà sulla vita delle generazioni future ed il nostro paese deve poterla vincere con un esecutivo forte sostenuto da tutte le forze politiche e da un Parlamento coeso che in occasione dell'elezione del nuovo capo dello Stato deve dimostrare di aver capito che gli elettori vogliono una classe politica che dedichi le sue energie e capacità alla ripresa economica e sociale del paese e non alle inutili lotte di potere ed alle strategie elettorali.
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