Ue: negoziato durissimo sui fondi Pnrr
A rischio soprattutto la realizzazione delle opere infrastrutturali
Il governo italiano ha presentato a Bruxelles la documentazione per ottenere la quota semestrale di stanziamenti previsti nel Pnrr che ammonta a oltre 19 miliardi di euro; dopo oltre due mesi è ancora in corso un durissimo negoziato con l'Unione Europea a causa delle tante anomalie che sono state riscontrate dai tecnici incaricati dalla Commissione di valutare gli obbiettivi che avrebbero dovuto essere raggiunti nel secondo semestre del 202 in particolare per quanto concerne le grandi riforme della giustizia e della concorrenza. L'attenzione del Desk Italia si è concentrata in particolare sul caso delle normative per le concessioni balneari che sono state inserite nel ddl Concorrenza e che hanno suscitato forti reazione in tutto il paese; l’esecutivo è stato costretto a fare retromarcia almeno in termini di tempi di attuazione, e questo ha messo ancora una volta in evidenza come in Italia manchi la reale volontà di portare a termine le grandi riforme richieste a gran voce dai nostri partner. Si tratta di 20 milestones e 7 targets che per l'Italia valgono una tranche da 16 miliardi di euro ma includono il completamento della riforma della giustizia penale e civile, del codice degli appalti e la riforma del pubblico impiego.
Per l'Italia sono previsti 191,5 miliardi di euro entro la fine del 2026 ma fino ad oggi ne sono stati incassati solo 46, con il rischio che sia le opere infrastrutturali che le grandi riforme non possano essere realizzate entro i termini fissati dal cronoprogramma. In merito al "Superbonus", esso si è rivelato un sistema per drogare il mercato dell'edilizia con un costo per la collettività nazionale che supera i 120 miliardi euro nel suo complesso ed un debito pro-capite di oltre duemila euro per ogni cittadino. Oggi si corre il rischio di avere 155mila cantieri vicini alla chiusura e più di 32mila persone che potrebbero perdere il lavoro.
L'Istat ha ricalcolato i deficit del triennio 2020-21-22 sulla base delle nuove regole Eurostat sui crediti ceduti, contabilizzati nell'anno in cui nascono e non negli anni in cui vengono rimborsati, caricando di circa 80 miliardi di euro il periodo 2020-22. Il rapporto deficit/Pil sale quindi nel 2020 al 9,7 %, nel 2021 al 9 % e nel 2022 passa dal 5,6 % all'8 % liberando risorse teoriche per il governo Meloni che le potrà utilizzare in aprile nel Def, il Documento di economia e finanza.
Purtroppo però ancora una volta si tratta di artifici contabili che non risolvono il problema strutturale di un debito pubblico che continua ad aumentare anche a causa di una folle corsa della spesa pubblica culminata nel Pnrr che sta impedendo al governo di trovare le risorse per mettere in campo tutte le iniziative necessarie per aiutare le nostre imprese in questa difficile fase di transizione energetica ed aiutare una popolazione oppressa da un'inflazione in forte crescita. I sindacati calcolano che per ammortizzare gli oltre 10 punti persi rispetto al costo della vita servirebbe un finanziamento tra i 7 e gli 11 miliardi di euro, ma si tratta di risorse che il nostro esecutivo non riesce più a reperire in nessun capitolo di spesa. L'Istat conferma che nel mese di febbraio i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona sono saliti del 13 % rispetto al 12 del mese precedente.
La presidente della Bce Christine Lagarde ha affermato: "E' possibile che proseguiremo con questo passo" oltre marzo ipotizzando un nuovo aumento dei tassi di interesse dopo quello programmato tra due settimane pari a 50 punti base. La Bce vuole continuare la sua politica monetaria per riportare l'inflazione al 2% come risulta anche dai verbali dell'ultima riunione del Comitato direttivo.
Il Btp Italia in fase di collocamento dal prossimo 6 marzo con una cedola reale annua minima fissata al 2 % ed un premio fedeltà sul capitale investito dello 0,8%, per chi manterrà i titoli fino alla loro scadenza del 14 marzo 2028, conferma come l'esecutivo sia alla spasmodica ricerca di denaro fresco che permetta il corretto funzionamento della macchina pubblica alzando i tassi di interesse attivo ad un livello che porterà ad un drammatico incremento del costo per gli interessi passivi al servizio del debito pubblico.
Ripetere gli stessi errori fatti in passato aumenterà ancora il fardello economico che peserà sulle nuove generazioni di italiani e frenerà lo sviluppo mentre sarebbe necessario prendere atto che è indispensabile rimettere in moto il settore produttivo con un forte impegno degli imprenditori e dei lavoratori ed abbandonare una logica assistenziale necessaria ed opportuna nel breve periodo ma distruttiva nel medio-lungo.
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