Strage di Via D'Amelio, don Ciotti ricorda il giudice Borsellino
L'eredità del giudice: il coraggio e il dovere della verità
Nel 31mo anno della strage di Via D'Amelio, in cui fu ucciso Paolo Borsellino, Don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele e dell'Associazione Libera ricorda la figura del giudice, che oggi viene commemorato a Palermo: "La mafia è violenza che nasce dall’ingiustizia e nell’ingiustizia prospera. Là dove i cittadini non sono eguali nei diritti e nei doveri, dove le opportunità divergono in modo inaccettabile, dove la scuola e il lavoro non sono garantiti, le mafie hanno gioco facile nell’imporre il loro potere, nel colmare i vuoti dello Stato e della politica, a maggior ragione se è una politica ‘smemorata’ o revisionista, che vorrebbe rivedere e neutralizzare il ‘concorso esterno’, strumento decisivo per combattere le mafie che hanno ucciso Paolo".
"Paolo Borsellino ci ha insegnato con la sua vita che il bene personale è conseguenza del bene comune. Che non si può essere cittadini a intermittenza o a compartimenti stagni. Che la prima mafia si annida nell’indifferenza, nella disinformazione, nella superficialità, nel quieto vivere, nel puntare il dito senza fare nulla, nel vedere il male e girarsi dall’altra parte".
"La prima e più preziosa eredità che ci ha lasciato Paolo Borsellino è il coraggio e il dovere della verità. Coraggio di guardare le cose in faccia, di seguire la voce scomoda della coscienza, di non cadere nelle ‘perniciose illusioni’ di cui parlò all’epoca del Maxiprocesso a Cosa Nostra, facendo presente quanta strada ci fosse ancora da fare"
(Foto ANSA/SIR)
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