Dalla crisi della scuola la fatica di guardare avanti
La DAD è solo un palliativo
La fatica a immaginare e programmare la ripresa delle attività scolastiche tra due mesi è il segnale di una società che non riesce a guardare al futuro in modo sereno, ma soprattutto la difficoltà a muoversi insieme. Le precauzioni per evitare nuovi contagi di massa hanno soltanto messo in evidenza fragilità strutturali del sistema scolastico. Per mantenere il distanziamento sarebbero necessarie aule spaziose e areate, dove poter disporre i banchi, poi potrebbe essere indicato un numero circoscritto di studenti per classe.
Poche aule agibili rispetto al necessario, esiguo numero di insegnanti: così i due criteri per affrontare l’emergenza della riapertura sono lontani da essere affrontati e ci si arrampica sugli specchi: mascherine, plexiglass, cruscotti informatici per il controllo e così via. Come al solito ci si arrangerà. Ma almeno si potrebbe evitare di confondere le acque: la sostituzione della didattica in presenza con quella a distanza è un palliativo pedagogico. Utilizzare strumenti digitali per integrare forme di insegnamento differenti e andare verso una scuola 2.0 è un altro argomento, importante, ma diverso. Quando non ci sono le fondamenta e arriva la tempesta la casa non regge, figurarsi come potrebbe accogliere le innovazioni. La crisi della nostra scuola rivela la nostra indisponibilità a guardare al futuro e sostenere le infrastrutture del Paese, perché investire è faticoso, richiede sacrifici e costa. Ma in questi anni nessuno ha avuto il coraggio di portare avanti scelte del genere.
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