Peste suina, la Liguria teme i danni all'economia
Ordinanza della Regione Liguria per contenere la diffusione del virus
La peste suina africana preoccupa, e non poco. Regione Liguria sta cercando di correre ai ripari con monitoraggi sulla diffusione del virus e un’ordinanza che impone l’uccisione di tutti i maiali all’interno di quella che, ad ora, sembra essere l’area in cui è diffuso. Se l’epidemia dovesse dilagare i danni economici sarebbero estremamente alti.
La peste suina africana è un virus molto contagioso e letale per tutti i suini. Non è pericoloso per gli altri esseri viventi e mangiare carne infetta non comporta alcuna conseguenza per gli esseri umani. È però importante non entrare in contatto con animali infetti perché trasportare il virus è molto facile e una volta che raggiunge i maiali non c’è scampo. Non esiste una cura, né un vaccino. Per ora le carcasse di cinghiali infetti da peste suina sono poco sopra la decina, la maggior parte in basso Piemonte e alcuni in Liguria. I ministeri di Salute e Politiche Agricole hanno subito tracciato una zona rossa in cui è proibito svolgere attività all’interno dei boschi.
L’obiettivo è quello di non causare spostamenti di cinghiali infetti ed estendere ulteriormente l’area di diffusione del virus. L’area identificata comprende 78 comuni piemontesi e 36 liguri nell’entroterra di Genova. Il 19 gennaio Regione Liguria ha emanato un’ordinanza in cui spiega con più precisione cosa sia possibile fare e cosa no in queste aree. Sono ammesse tutte le attività in strade asfaltate, parchi, aree verdi. È possibile entrare nei boschi per lavori. È sospesa per 30 giorni la selvicoltura e ferme le attività di recupero della fauna selvatica. La principale novità è la richiesta di abbattimento di tutti i maiali allevati all'interno della zona rossa. Chi ha allevamenti commerciali dovrà farlo attraverso le procedure della Asl che provvederà al risarcimento. Chi ha attività familiari potrà procedere al consumo privato della carne che - ricordiamo - anche nel caso fosse infetta non presenta pericoli. Per sei mesi gli allevamenti non potranno essere ripopolati. Accanto a queste misure la Regione ha predisposto un monitoraggio per mappare con precisione in quali aree sia già diffuso il virus e – una volta – delineato con più precisione si procederà ad abbattimenti selettivi dei cinghiali.
“Sarà effettuato dai nostri cacciatori selecontrollori che hanno una regolare licenza e oltre a conoscere bene il territorio sanno maneggiare quella tipologia di armi” ha spiegato l’assessore ligure all’Agricoltura Alessandro Piana. L’area inizialmente delineata dal Ministero ha una popolazione stimata di 25 mila ungulati. I volontari che effettuano i monitoraggi sul territorio sono circa 600, coordinati dalla task force tecnica della Regione.
In questi giorni diverse critiche sono arrivate da più parti per la gestione della possibile emergenza sanitaria. La Cia Liguria (Confederazione Italiana Agricoltori) sostiene che questa situazione sia solo la conseguenza di una cattiva gestione degli animali selvatici che hanno potuto proliferare senza un piano efficace di riduzione del numero di esemplari. “La legge regionale, spiega, va modificata per diminuire la presenza dei cinghiali e garantire rimborsi diversi agli agricoltori” dichiara il presidente regionale della Cia Aldo Alberto. Molto critica anche Federparchi Liguria, preoccupata dagli effetti che il lockdown nei boschi può avere sulle attività di guide ambientali e naturalistiche, accompagnatori turistici, bed &breakfast e rifugi di quelle aree che sono interessate dal provvedimento. “Credo che la chiusura che il nostro entroterra subisce sia un atto di solidarietà verso chi lavora nella filiera delle carni di allevamento” – dice Roberto Costa coordinatore di Federparchi Liguria – “per quanto sia condivisibile” è comunque una scelta politica che decide quali attività economiche tutelare con maggiore convinzione, non essendoci rischi per la salute pubblica. Regione Liguria ha annunciato che chiederà al Governo sostegni economici per le attività economiche danneggiate. Dal Ministero delle Politiche Agricole sono stati annunciati 50 milioni di euro: 15 per interventi strutturali in materia di biosicurezza, 35 per il sostegno della filiera suinicola.
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