Catechesi nell'arte - Il tempo di Avvento
Dal VII secolo è stato definito nella durata di quattro settimane
Il tempo di Avvento era inizialmente – probabilmente dalla metà del IV secolo – un periodo di digiuno, che la Chiesa primitiva stabilì nel periodo tra il giorno di san Martino (11 novembre) e le date in cui originalmente veniva festeggiata la nascita di Cristo e la festa della sua manifestazione il 6 gennaio. Il digiuno fu inizialmente stabilito in tre giorni la settimana, successivamente tutti i giorni tranne sabato e domenica. Nelle otto settimane (56 giorni) dal giorno di san Martino fino al 6 gennaio vi sono, esclusi i fine settimana, 40 giorni di digiuno, corrispondenti ai quaranta giorni di digiuno che precedono la Pasqua. Le prime tracce di una tale preparazione alla nascita di Cristo si trovano nella Chiesa orientale, dove la festa dell'apparizione del Signore era un'importante data per il battesimo. Nell'Occidente la pratica del digiuno dell'Avvento si diffuse dapprima in Spagna e nella Gallia. La sua espressione nella liturgia vide l'attesa della nascita di Gesù dal V secolo circa, documentata prima a Ravenna e verso la metà del VI secolo a Roma, dove la felice attesa dell'incarnazione di Cristo fu particolarmente accentuata.
Il tempo di Avvento nelle quattro settimane con riferimento al Natale, risale al VII secolo. Esso è stato chiamato tempus ante natale Domini (Tempo che precede la nascita del Signore) o tempus adventūs Domini (tempo della venuta del Signore). Papa Gregorio Magno fissò le domeniche di Avvento per la Chiesa Occidentale in quattro feste. Le quattro domeniche stanno simbolicamente a rappresentare i quattromila anni, che gli uomini, secondo l'interpretazione di allora, dovettero attendere per la venuta del Salvatore, dopo aver commesso il peccato originale.
Dante, nella celeberrima preghiera alla Vergine del Paradiso, scrive: «Nel ventre tuo si raccese l’amore, per lo cui caldo ne l’etterna pace così è germinato questo fiore». Il tema conobbe grande fortuna artistica in tutta Europa e anche in Italia e lo ritroviamo in affreschi, quadri, sculture e miniature. L’immagine dell’albero che ha origine da Jesse per indicare la discendenza che porterà alla nascita di Cristo è una delle più suggestive dell’arte sacra occidentale. Inoltre in tutte le culture religiose l’albero è simbolo di crescita verso il cielo e della continua rigenerazione. Si tratta dell’immagine della vita che supera la morte e rinasce da essa.
“Egredietur virga de radice Jesse”, un virgulto germoglierà dalla radice di Jesse, predice il passo di Isaia, in riferimento al quale si è diffusa l’iconografia di un albero genealogico che illustra la discendenza di Gesù da Jesse, padre di Davide. Tale annuncio viene ribadito da Geremia: “Ecco: giorni vengono, oracolo del Signore, in cui io susciterò in Davide un germe giusto e regnerà quel re”. Questa profezia viene raffigurata, a partire dall’epoca medioevale, con un albero genealogico che spiega le origini di Gesù. Generalmente il tronco dell’albero sorge dal fianco di Jesse che è disteso per terra. L’albero presenta più rami sui quali sono posti gli antenati di Cristo. Alla sommità sono raffigurati Maria e Gesù. La genealogia, infatti, non si conclude con Giuseppe, secondo l’uso ebraico della discendenza in linea paterna, ma con Maria, fatta discendere da Jesse e da suo figlio Davide. Nel nuovo Testamento, Gesù viene inserito da Matteo in una genealogia discendente che parte da Abramo, e viene collocato nell’ambito del popolo eletto, ponendo una particolare attenzione alla figura di Davide; Luca invece segue un processo inverso che risale fino ad Abramo, così da mostrare la fraternità di Cristo con l’intera umanità. Uno degli affreschi più indicativi di questo tema è visibile nella chiesa di San Marco a Vercelli: raffigura tortuosi rami d’albero, all’interno dei quali siedono i dodici re di Giuda in ricchi abiti e con cartigli che fanno riferimento alla venuta del Messia. In cima all’albero siede la Vergine con il Bambino in braccio. Probabilmente il dipinto si estendeva su tutta la parete, ma la parte inferiore è stata distrutta in epoca seicentesca per aprire una cappella, tagliando così la figura di Jesse da cui l’albero nasce. Datato all’ultimo ventennio del XV secolo, è opera di un artista ancora anonimo.
Ma questa rappresentazione è anche molto diffusa tra i portali delle chiese e delle cattedrali: non possiamo non dimenticare la formella bronzea del portale della Basilica di San Zeno a Verona, databile intorno al 1150 e attribuita al Secondo Maestro di San Zeno. In questo caso Jesse è disteso su un letto e dal suo fianco un albero con girali con all’interno le figure della genealogia di Cristo. L’albero di Jesse caratterizza anche la Cattedrale di San Lorenzo di Genova, che nel suo portale centrale riassume il messaggio salvifico: le formelle del basamento sono attribuite, nella zona inferiore del portale, al Maestro dell’Arca del Battista e simboleggiano lo stato terreno dell’uomo. Da qui si percorre la storia che trova in Maria la guida e il riferimento: l’Albero di Jesse chiarisce che la Vergine è discendente dalla casa di Davide, preconizzata dal profeta Isaia, perché da lei nascerà il Salvatore. La Crocifissione sulla cima chiarisce il compimento della profezia e Giacobbe che benedice Efraim e Manasse (Gn. 48, 5-6) avvalora la dignità della discendenza di Davide e quindi della Vergine.
Nella foto: Albero di Jesse chiesa San Marco a Vercelli
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