Sosteniamo i sacerdoti! Don Piero Pigollo, a servizio dei confratelli
«Come Vicario per il Clero sono ‘cuore e orecchio’ del Vescovo»
Continua l’impegno de Il Cittadino nella promozione delle offerte per il sostentamento dei sacerdoti, in sinergia con la CEI e la Federazione Settimanali Cattolici.
In Italia oggi ci sono 32.000 sacerdoti. Il loro sostentamento, dal 1990, è affidato esclusivamente alle comunità e ai fedeli. È importante diffondere il più possibile questa informazione nelle parrocchie e nei gruppi.
Sostenere economicamente i sacerdoti al di là delle offerte che normalmente si possono fare in chiesa significa garantirne la presenza e l’opera. È importante donare e nello stesso tempo far sapere a quante più persone possibile che esiste questa possibilità.
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Questa settimana conosciamo meglio Mons. Piero Pigollo, Vicario episcopale per il Clero, e scopriamo qualcosa di più sul suo delicato servizio a stretto contatto con i confratelli.
Don Piero, il tuo ministero sacerdotale fino a oggi è stato molto variegato: sei stato parroco, direttore di ufficio di curia, missionario fidei donum a Cuba e attualmente ricopri l’incarico di Vicario episcopale per il Clero. Come sei riuscito a calarti nei diversi ruoli? Hai incontrato difficoltà? Hai sentito la necessità di confrontarti con qualcuno?
Quando mi stavo preparando all'ordinazione sacerdotale, ricordo che una delle figure che mi ha accompagnato spiritualmente è stata quella di San Charles de Foucauld, che nella sua Preghiera dell'Abbandono sottolinea ‘Sono pronto a tutto, accetto tutto’. Il mio atteggiamento deve senz’altro migliorare rispetto al grande Santo, ma chiedo sempre al Signore che mi aiuti a vivere il mio ministero accettado di essere a servizio dove, come e quando serve a Lui. Semplicemente. Le difficoltà e le fatiche accompagnano ogni incarico che siamo chiamati a svolgere, ma credo molto nella fraternità sacerdotale e al sostegno del padre spirituale. E ovviamente, mi sostiene la preghiera, vero motore della mia missione.
Genova – Cuba. In mezzo una esperienza importante in missione, che hai raccontato anche sul nostro giornale. Il tuo ritorno è stato posticipato rispetto alle previsioni per via delle limitazioni dovute al Covid. Dopo così tanto tempo lontano da ‘casa’ cosa hai apprezzato di più al tuo ritorno? E cosa ti è mancato subito della tua nuova famiglia in terra di missione?
Quando si è verificata la possibilità di andare in missione, ho dato la mia disponibilità. Sono stati anni intensi, in cui davvero ho sperimentato la bellezza dell’annunciare il vangelo ai popoli; in cui ho apprezzato la vera essenzialità e dove insieme ad altri confratelli ho dovuto accettare alcune limitazioni materiali. Per alcuni aspetti legati proprio all’essenzialità e al poter portare a tutti il Vangelo, forse mi sarei fermato volentieri a Cuba, ma come dicevo prima, sono a servizio e a disposizione della Chiesa e del Vescovo. Ora sono chiamato a svolgere questo incarico che mi è stato affidato e certamente provo a far tesoro qui ‘a casa’ dell’esperienza vissuta in missione.
Mi preme sottolineare che ho ‘fratelli’ a Cuba come in Italia; ovunque sia la ‘mia’ comunità cristiana, mi sento a casa!
Oggi ricopri un ruolo delicato: cosa significa essere Vicario episcopale per il Clero? Quali i principali impegni?
Quando l’Arcivescovo mi ha proposto di ricoprire questo incarico e di dargli una mano nell'essere vicino ai preti, inizialmente sono rimasto un po’ sorpreso, perchè è un ruolo particolare che richiede delicatezza e attenzione. Però ho accettato volentieri, perchè ho sempre creduto all'importanza della fraternità sacerdotale. Posso essere così più vicino ai confratelli, farmi vicino alle loro necessità. Ovviamente sono solo un tramite tra i confratelli e il Vescovo ed è lui il primo interlocutore dei sacerdoti. Io devo cercare di essere - in modo discreto - ‘cuore e orecchio’ del Vescovo. So di non riuscire ad essere ovunque ci sia bisogno, provo a stare vicino a tutti quanti mi chiamino e abbiano bisogno del mio sostegno e del mio consiglio, occorre essere preparati e a relazionarsi umanamente spesso con situazioni di malessere o difficoltà, ma ripeto: la fraternità sacerdotale è davvero grande e trovo sempre conforto e sollievo dall’affetto dei confratelli.
Oltre a seguire il Clero sei anche coordinatore dell’ufficio comunità etniche. Che peculiarità ha questo settore? Quale le principali attività e come sei chiamato a gestirle?
Anche questo è un incarico molto bello che mi permette di incontrare realtà nuove e diverse. Mi piacerebbe che questo settore crescesse e che le comunità fossero aperte nell’accogliere gli stranieri, come è successo a me quando sono arrivato a Cuba da ‘straniero’. Vorrei che tutti davvero si sentissero a casa anche se la propria terra di origine è lontana centinaia di chilometri. E vorrei che le comunità etniche presenti a Genova vivessero le nostre parrocchie come le loro, senza avere ‘comunità nelle comunità’ con il rischio di ulteriore isolamento. Ci sono davvero potenzialità in questo settore, con il dialogo e il confronto proveremo a crescere insieme.
Nella foto: estate 2023, don Piero nella missione interdiocesana di Cuba con Padre Marco Tasca e Mons. Giampio Devasini
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