Rinascere dall’alto
Lettera dell'Arcivescovo alla Chiesa che è in Genova
Cari Fratelli e Sorelle,
vi scrivo a poche settimane dal mio insediamento a Genova per rinnovare il desiderio di essere tra voi padre e fratello: “cammineremo insieme, prendendoci cura gli uni degli altri, manifestando con la vita prima ancora che con le parole il nostro essere comunità di fratelli e sorelle in Cristo” (Ringraziamento dopo l’Ordinazione Episcopale, 11.07.2020). Camminiamo insieme per indicare il volto del Padre e annunciare il suo amore, che si è rivelato a noi nel Dono del Figlio.
1. Il Dono di Dio
Il Vangelo di Giovanni riporta il dialogo notturno di Gesù con Nicodemo, come un invito: “in verità, in verità ti dico, se uno non rinasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio” (3,3).
Premessa irrinunciabile per cogliere il dono di Dio è la capacità di alzare lo sguardo da quanto può separarci da Lui e dai fratelli o distrarci, condannandoci alla solitudine e all’aridità. Il credente sa che Dio è ricco di amore (cfr. Ef. 2,4) e, soprattutto, sa di essere cercato da Dio (cfr. Lc 15,4-7) e per questo lo benedice (cfr. Ef. 1,3-14). Nascere dall’alto non è la ricerca assoluta di perfezione, ma disponibilità all’incontro che cambia l’esistenza, quella personale e quella ecclesiale e le rende risposta all’iniziativa di Dio.
“Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (3,16).
La Chiesa esiste per celebrare, annunciare, servire e testimoniare l’iniziativa di Dio nel suo Figlio. La sua missione è quella di favorire l’incontro degli uomini con Cristo; essa è spinta da una santa inquietudine, quella che oggi tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo. Pertanto, siamo tutti chiamati – parrocchie, comunità religiose, aggregazioni – a rinnovare lo slancio missionario.
Ritorno al centro
La salvezza è l’incontro con Gesù, che ci vuole bene e ci perdona; egli rivela a noi il volto del Padre e dona lo Spirito, che ci consola e ci difende. Occorre tornare al centro e Dio è il Centro: la sua libera iniziativa di comunicarsi a noi nel Figlio attraverso lo Spirito è il “nuovo” da cui continuamente ripartire. Nella preghiera domandiamo incessantemente al Figlio di mostraci il volto del Padre e il suo amore.
C’è bisogno di conversione perché l’annuncio della Chiesa sia credibile ed autentico, resistente alle insidie che possono infiltrarsi nella vita ecclesiale: preoccupazioni per l’immagine, mondanità spirituale, competizione, rigidità nelle proprie opinioni, protagonismo, fini non evangelici.
La salvezza non è opera delle nostre iniziative, ma avviene attraverso l’incontro con Cristo, Risorto che ci chiama. Per questo all’origine della vita cristiana c’è uno slancio di gioia, di gratitudine che conduce alla missione.
Davanti a noi si apre il primo anno pastorale che vivremo insieme; esso – come appare dal calendario 2020-21 - è ricco di impegni, che si propongono di anno in anno. Vi chiedo non di fare cose nuove, ma di vivere il centro dell’esperienza cristiana.
2. Qualche parola essenziale
Come restare al centro, vincendo le distrazioni? Ci aiutano le azioni fondanti la vita ecclesiale; esse appartengono al cuore del mistero.
Liturgia (leiturghia): tutta l’azione sacramentale annuncia il mistero pasquale, mistero di morte e risurrezione, perdono del peccato e dono della vita, celebrazione del Risorto che rimane sempre con noi; specialmente l’Eucaristia e la Riconciliazione ci conducono al centro del mistero e ci lavano nel sangue dell’Agnello. Occorre vigilare affinché le nostre celebrazioni siano trasparenza del mistero e della fede, escludendo quelle iniziative che, anziché annunciare il Protagonista, richiamano l’attenzione sul ministro o sull’assemblea.
Testimonianza (martyria): comincia con l’annuncio fondamentale (kerigma) della fede trinitaria: Gesù Cristo ti ama, ha dato sé stesso per salvarti, ti rivela il volto del Padre, ti dona il suo Spirito ed è vivo al tuo fianco ogni giorno per illuminarti, per rafforzarti, per liberarti. Questo è ciò che sostiene e anima la predicazione, la catechesi, l’insegnamento. La testimonianza prosegue, poi, con la presenza cristiana nei vari ambienti di vita dove si trova l’uomo ‒ la casa, la scuola, l’università, i luoghi di lavoro, gli spazi del tempo libero, il mondo della salute ‒: insieme costituiscono il campo di Dio e tutti chiedono di essere abitati nella logica della missione. Soprattutto, la parrocchia è chiamata a trovare nuove modalità di vicinanza e di prossimità e a trasformare strutture, appuntamenti, orari secondo la logica della missione. Occorre promuovere pratiche e modelli tramite i quali ogni battezzato, in virtù dell’iniziazione cristiana ricevuta, si renda protagonista attivo dell’evangelizzazione.
Servizio (diakonia): rende presente Cristo, che sta in mezzo a noi come colui che serve. Il servizio nella carità ha la sua origine nel dono che il Figlio fa di sé stesso, ora e nell’eternità, quando farà sedere a tavola i suoi e passerà a servirli. La carità cristiana ha un suo volto proprio che deve essere riconoscibile: non riduce la persona a bisogni e non afferma sé stessa attraverso le organizzazioni umane.
3. Ancora una parola
Liturgia, testimonianza, servizio sono come arricchite dalla comunione (koinonia) che genera la Chiesa e la fa crescere. Dall’annuncio della Parola e dal Pane spezzato nasce la comunione tra i credenti; essi non sono mai soli nella testimonianza negli ambiti di vita e nel servizio. La comunione è il respiro della Chiesa. È qualcosa di più che “sentirsi uniti”, è appartenere a Cristo e al suo Corpo. La comunione, dono divino deve essere attentamente custodita, coltivando la stima reciproca e la benevolenza gli uni verso gli altri. Rinnovo le mie prime parole: “chiedo a Dio – e vi invito a chiedere con me e per me – che la mia missione tra voi sia caratterizzata dalla costante ricerca della comunione, del dialogo, della relazione fraterna” (Saluto all’Arcidiocesi, 08.05.2020).
4. La pandemia
“E’ questo il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri“ (Papa Francesco). Il prossimo anno pastorale non comincerà semplicemente, come se niente fosse accaduto! La pandemia è stata ed è una dura prova per l’umanità e contiene un insegnamento. Ha smascherato la nostra vulnerabilità, le nostre false sicurezze; ha sconvolto le nostre agende, i nostri programmi, le nostre priorità.
Ma, costituisce anche un’occasione, un invito, per tornare a Cristo ‒ al Centro ‒ e, di conseguenza, per costruire relazioni tanto più umane, quanto più vissute in comunione con Dio e con i fratelli.
Nel tempo della ripresa desideriamo vivere con maggior consapevolezza ed impegno la liturgia, la testimonianza, il servizio e la comunione.
Vi ho scritto questi pensieri, frutto anche del confronto con il Consiglio Episcopale; ciascuna comunità troverà i modi per approfondire nei programmi e nelle attività il “centro”. A fine anno, ci ritroveremo e parteciperemo gli uni agli altri quanto avremo riscoperto, come dono di Dio.
Affidiamo alla Madonna della Guardia il cammino che faremo insieme.
*Arcivescovo di Genova
Genova, 28 luglio 2020
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