L'assoluto valore della vita: testimonianza di Gianna Jessen

Una voce per la vita. E’ questo il titolo dell’incontro con Gianna Jessen (www.giannajessen.com) organizzato da alcune associazioni pro-life, tra cui il “Movimento per la vita” genovese e che si è svolto domenica 18 febbraio alla Sala Quadrivium. A rappresentare l’Arcidiocesi Mons. Marco Doldi, Vicario Generale.

Gianna è oggi un giovane donna di 40 anni, americana, con una storia molto particolare alle spalle e, per un certo senso, unica: è sopravvissuta al proprio aborto. Serena, decisa, forte e sensibile, vera. E’ questo che traspare nell’ascoltarla parlare e, ascoltandola, viene il desiderio di riporre per qualche istante almeno i propri occhi nei suoi per poterne percepire meglio la luce che promanano. Una sala Quadrivium stracolma di persone - tanti giovani anche seduti per terra sotto il palco, tante le associazioni rappresentate - ha potuto ascoltare la sua storia. Nell’aprile 1977 una giovane rimasta incinta si presenta in una clinica abortista di “Planned Parenthood” per porre termine alla sua gravidanza. Nonostante l’aborto con una soluzione salina, la bambina resiste, non viene “bruciata”, vive. Gianna viene trasportata quindi in un ospedale dove può essere posta in una incubatrice: pesa un chilo, ha poco più di quattro mesi di gestazione e quindi la sua esistenza sembra essere già segnata. Nonostante ciò, la sua voglia di vivere è incredibile. Dopo un lungo periodo viene affidata ad una casa famiglia, poi ad un’altra. Le viene diagnosticata una paralisi cerebrale – conseguenza del tentato aborto - per cui non ci sono apparenti speranze perché possa camminare. Tuttavia, Penny, la responsabile della casa famiglia, si impegna affinché - con la fisioterapia e con tantissima preghiera - possa arrivare a camminare a tre anni. Tuttavia ancora oggi zoppica. Vista questa sua menomazione, ha modo di passare molto tempo con Gesù, come lei stessa confessa e, usando a proposito un pizzico di humor, aggiunge: “Il mio Dio fa camminare gli storpi!”. Racconta con energia, aiutata da una traduttrice, pone interrogativi, si rivolte al pubblico: ai giovani, alle donne, agli uomini, alle donne in dolce attesa. Per ciascuno ha una parola di verità e di speranza. E’ una festa della vita, della voglia di vivere una “vita impossibile” come dice Gianna, perché sin dal suo inizio è stata una fatica, anche oggi. Una domanda resta al centro della serata, rivolta al medico abortista che ha provato a ucciderla: “chi sei tu, persona in salute e sana, per decidere della mia qualità della vita, sulla base dei tuoi soli criteri?”. Confessa che Gesù è la sua speranza, è la sua luce: non fa conferenze in giro per il mondo per portare avanti una propria causa; la sua causa – dichiara - è Gesù stesso, anzi, senza Gesù difendere la vita sarebbe un’azione caratterizzata dalla rabbia, come peraltro fanno quelli che la vita la vogliono annientare.

E invece Gianna afferma che per parlare di aborto ci vuole “verità, chiarezza, fermezza e gentilezza”. Gianna chiude il suo intervento con una ulteriore toccante testimonianza: da adolescente, confida, ha fatto una promessa, con una triste consapevolezza. “Zoppico, per via della paralisi cerebrale, e quando zoppichi non sei la prima scelta per essere una donna da sposare, sei tutto tranne che madre, sei tutto tranne una sposa”. Una dura realtà che ferirebbe chiunque ma se vissute con la speranza di Cristo anche questa condizione acquista una prospettiva differente. La promessa che ha mantenuto è questa: “Non dormirò mai con un uomo che non sia prima mio marito, non perché sia facile ma perché è giusto per me e perché sono degna di quel tipo di amore che viene da un uomo che è capace di sacrificio per amore, per me. Così impari cosa sia l’onorare e l’amare. E il prezzo di tutto ciò è l’attesa. Aspetto Dio”.