Comunità diocesana
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INCONTRO ALLA CITTA' - Per una cultura del prendersi cura - L'intervista a Mauro Magatti

La conferenza diocesana mercoledì 27 aprile a Palazzo Ducale 

INCONTRO ALLA CITTA' - Per una cultura del prendersi cura - L'intervista a Mauro Magatti

Mercoledì 27 aprile alle ore 18.30 a Palazzo Ducale - Sala del Maggior Consiglio - la Chiesa genovese incontra la Città sui temi di attualità come ha fatto per anni con le serate di Cattedrale Aperta.
Il tema scelto per questa edizione è “Per una cultura del prendersi cura”.
Il primo incontro, “Pensare è prendersi cura. Ripensare il mondo dopo gli shock globali”, affronterà la situazione della società e della Chiesa negli attuali momenti di crisi: la pandemia che perdura e il conflitto in Ucraina.
Ci accompagneranno nella riflessione Chiara Giaccardi e Mauro Magatti, sociologi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Abbiamo incontrato Mauro Magatti per approfondire con lui quali saranno i temi principali che si affronteranno nell’incontro del 27 aprile.

Ripensare il mondo dopo gli shock globali è il tema su cui rifletteremo nella prima serata di “Incontro alla città”, dedicato alla “cultura del prendersi cura”. Come ha condizionato i rapporti fra le persone l’epidemia di Covid -19 da cui ancora siamo minacciati? Ci sono delle relazioni e dei legami da ricostruire dopo due anni di distanziamento?
Tutto ciò che avviene nel mondo è collegato, e di questo occorre consapevolezza. Già tempo fa il World Economic Forum aveva ipotizzato eventi di questa natura a livello mondiale: eventi - uno per tutti la pandemia - che si sono poi verificati. Il modello di sviluppo legato alla globalizzazione, se da un lato ha cambiato tante cose a livello mondiale, dall’altro risulta disorganico e improprio, poichè basato sull’idea sbagliata che la ricerca di una crescita illimitata possa creare risorse per tutti.
In questo, il tema della cura non è “buonista”, ma sostanziale. Papa Francesco con la Laudato si’ e la Fratelli Tutti ha voluto mettere in risalto il legame che esiste fra tutte le forme esistenti del Pianeta: questo presuppone non più il dominio dell’uomo nel mondo, ma porta a pensare ad un modello di cura dell’ambiente, dei più fragili, dei giovani.
Non è un discorso di ordine morale, ma diventa una necessità: andando avanti così come stiamo facendo oggi, si rischia di esaurire il mondo.

Accanto al perdurare dell’emergenza sanitaria, il conflitto alle porte dell’Europa, con le immagini terribili che arrivano dall’Ucraina, compromette la stabilità e l’idea di futuro di tante persone, alimentando l’incertezza e le paure. Come incidono eventi di questa gravità nelle dinamiche della società?
Gli effetti della pandemia, come per altre crisi, si vedranno negli anni. E’ però un dato di fatto che la crescita, oggi, sia deragliata e il cambiamento si renda improrogabile. Resta una domanda: la cura o la rabbia saranno l’uscita?
Senz’altro non si tratta - come si sente dire troppo spesso - di ripartire, ma di rigenerare lo sviluppo, con forza e spirito.

Come si può costruire e alimentare una “cultura del prendersi cura”?
Questa cultura si costruisce riuscendo a contrastare la spinta al dominio. È chiaro - oggi - che il mondo ha davanti due strade: comprendere e prevedere i problemi, oppure aspettare che gli eventi facciano il loro corso, imparando poi dagli stessi. È auspicabile che ci si orienti verso la prima strada, e ci sono ragioni di speranza, ma purtroppo non di ottimismo.

Fonte: Il Cittadino
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