Comunità diocesana
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Caritas e Fondazione Auxilium, appello per la pace

La UE sia basata su pace, democrazia, benessere, attenzione alle persone e agli ultimi, capacità di convivere nelle differenze 

Caritas e Fondazione Auxilium, appello per la pace

Caritas Genova e Fondazione Auxilium diffondono un appello in relazione ai temi di stretta attualità: le guerre, le relazioni internazionali e soprattutto il ruolo dell'Europa di fronte alla prospettiva di un riarmo come strumento di pace e soluzione dei conflitti.   

Da sempre impegnate nella costruzione di percorsi di pace, fin dell'accoglienza degli obiettori di coscienza al servizio militare a partire dai primi anni '80, Caritas Diocesana di Genova - a lungo presente anche nei Balcani, l'ultima feroce guerra europea - e Fondazione Auxilium esprimono preoccupazione di fronte allo scenario globale e criticano il proposito europeo di riarmarsi, già sperimentato in passato con conseguenze nefaste, con l'idea che la forza armata mantenga la pace.

Ecco il testo

Il dramma di questi primi mesi del 2025

Quello che si profila in questi primi mesi del 2025 è un dramma nel dramma. Alle 56 guerre in corso nel mondo (Ucraina, Gaza, Siria, Congo…) si aggiunge una involuzione conflittuale e destabilizzante delle relazioni internazionali, fondate sul predominio del più forte, sul pragmatismo di chi ha “le carte giuste in mano”, sulla reciprocità dannosa dei dazi e, soprattutto, sull’affermarsi anche in Europa dell’idea che la guerra sia una opzione possibile perché “questo è il momento della pace attraverso la forza” (Ursula Von Der Leyen, Discorso al Parlamento Europeo, 11 marzo 2025).

Il dramma dell’Ucraina. La subalternità dell’Europa

In questo clima, se da una parte non è possibile coprire gli occhi di fronte al dramma dell’Ucraina, da anni ingiustamente invasa ed ora messa alle corde con la richiesta di un sacrificio della sua integrità territoriale e sulle sue risorse naturali, dall’altro non possiamo nasconderci come questa situazione delinei la possibilità di cambiamenti epocali negli equilibri mondiali e costringa l’Europa ad una subalternità che la chiude in un angolo.

Di fronte al dramma dell’Ucraina, avremmo sognato un’Europa protagonista di negoziati costanti e instancabili e invece l’abbiamo vista timida su questo fronte e adesso costretta ad una rincorsa in cui si pensa che il riarmo possa essere una scorciatoia per recuperare i punti persi.

No. L’Europa deve assumere il coraggio di un protagonismo negoziale e diplomatico che sia la plastica traduzione del sogno e desiderio di pace di chi ha fatto nascere l’Unione, il sogno di quei padri fondatori che, avendo sperimentato il dramma della guerra, erano consapevoli che la guerra è la disgrazia più grande di cui l’uomo è capace.

Le armi: illusoria prospettiva per uscire dall’angolo

Non possiamo e non vogliamo credere che la guerra possa essere l’unica risposta e che l’unico modo che ha l’Europa per uscire da quell’angolo sia quello di rilanciare la propria identità sul piano del riarmo e dell’inseguimento di una forza militare che noi riteniamo illusoria.

Se non ci si può sottrarre alla riflessione sulla necessità di una difesa comune - ma la difesa di un popolo non si esercita soltanto sul piano militare - quello che ci lascia perplessi e ci spinge a chiedere uno sforzo di riflessione e ripensamento è l’investimento di somme di denaro enormi per un riarmo dei paesi dell’Unione che metterebbe al centro della politica europea la spesa militare.

Fuori le armi dall’identità europea: mai più la guerra!

E se, sul piano delle politiche economiche, la scelta di un investimento militare così imponente ci lascia perplessi e ci rattrista (“Gli investimenti che danno più reddito sono quelli delle fabbriche delle armi. È molto triste”, Papa Francesco, Visita al Granducato di Lussemburgo,  26 settembre 2024), nel momento in cui si passa ad un piano culturale questa direzione ci vede decisamente contrari, specie laddove si afferma che dietro questa opzione si può consolidare e rilanciare l’identità europea.

No. Non è questa l’Europa che sogniamo e non è questa l’Europa che sognarono i padri fondatori.Il progetto dei Padri fondatori era un'Europa della pace, basato sulla partecipazione, sulla giustizia e sulla solidarietà” (Papa Francesco, Discorso per il Premio Carlo Magno, 6 maggio 2016).

Mai più la guerra!, gridarono Paolo VI e Giovanni Paolo II. E questo vorremmo fosse il grido che l’Europa fa proprio. L'Europa è nata per questo, per dire “mai più guerra” dopo i drammi del XX secolo. E allora, non possiamo pensare che il rilancio dell’Unione Europea sia incarnato dalle armi.La vera risposta - ci ricorda papa Francesco - non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari, ma un’altra impostazione, un modo diverso di governare il mondo ormai globalizzato, un modo diverso di impostare le relazioni internazionali” (Papa Francesco, Discorso ai partecipanti all'incontro promosso dal Centro Italiano  Femminile, 24 marzo 2022).

La costruzione di un’identità europea

Non vogliamo che a unirci sia l’idea di una resistenza militare ad un nemico, ma casomai il sogno di un protagonismo internazionale in cui la pace, la democrazia, il benessere e l’attenzione alle persone e agli ultimi, la capacità di convivere nelle differenze siano le caratteristiche di un modello di organizzazione sociale capace di generare attrattiva in tutti gli altri paesi.

"C'è bisogno di un'Unione Europea che sia solidale e che non perda il senso della direzione verso cui sta procedendo.[...] L'Europa, grazie alla sua grande tradizione culturale e religiosa, ha gli strumenti per il primato della persona e la dignità umana, al di là di qualsiasi accorgimento burocratico." (Fratelli tutti , n. 10).

La speranza antidoto all’ineludibilità della guerra. La speranza spina dorsale dell’identità europea

E allora, in questo tempo in cui la guerra ritorna nel discorso pubblico riaffermandosi come possibile opzione, addirittura vestita di una dignità culturale, noi vogliamo “combattere” questo senso di ineludibilità della guerra e riaffermare la speranza, che è il tema che papa Francesco ha posto al centro dell’anno giubilare.

La speranza che accetta la complessità, perché la strada facile non è quasi mai quella che va incontro alle più autentiche aspirazioni dell’animo umano. Vogliamo riaffermare la speranza che riconosce quanto sia difficile la pace e quanto sia complicato accompagnare alla pace ma al tempo stesso quanto sia giusto, doveroso e bello farlo.

È vero, sperare è più complicato che sparare. Ma sperare è più bello che sparare. E la speranza è l’anima dei desideri, che sono slanci che abitano nei cuori degli uomini e li collegano alle stelle (de-sidera). Quelle stelle che abitano la bandiera dell’Europa, un vessillo in cui vogliamo continuare a riconoscerci per la speranza di pace che ha sempre simboleggiato e che non possiamo far tradire dal protagonismo dalle armi.

Foto di Christian Lue su Unsplash

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