Un domani per i miei bambini
C'è chi ha scritto che la malattia più grave dell'uomo occidentale è la fragilità. Che è una malattia dai sintomi diversificati - perché si declina come paura, precarietà, titubanza di fronte alle sfide - e, soprattutto, porta quasi inevitabilmente al ripiegamento su di sé, all'individualismo egoistico, alla misura stretta e avara nelle scelte della vita.
C'è chi ha scritto che la malattia più grave dell'uomo occidentale è la fragilità. Che è una malattia dai sintomi diversificati - perché si declina come paura, precarietà, titubanza di fronte alle sfide - e, soprattutto, porta quasi inevitabilmente al ripiegamento su di sé, all'individualismo egoistico, alla misura stretta e avara nelle scelte della vita.
È a uomini e donne, esposti al contagio della fragilità che si rivolge il libro "Un domani per i miei bambini" l'autobiografia scritta da Pacem Kawonga per le edizioni Piemme. Pacem Kawonga è una donna del Malawi, un piccolo e povero paese africano: per pochi anni, fino all'adolescenza, la sua vita è stata serena. Nata in una famiglia relativamente agiata, ha potuto studiare nelle migliori scuole del Malawi, il suo paese.
Ma tutto cambia quando prima la madre e poi il padre vengono portati via dall'Aids, una malattia che per ignoranza, pregiudizio e tabù, in quelle parti dell'Africa vale ancora come un marchio di infamia e come una condanna a morte. Da quel momento nella sua vita tutto prende una brutta piega.
Si sposa con l'uomo che ama ostinatamente, ma che si rivelerà violento e infedele, oltre che assolutamente incosciente.
Quando la seconda figlia, Melinda, ancora neonata, presenta sintomi preoccupanti, Pacem prende il coraggio di affrontare il test dell'Hiv, decisa a lottare per se stessa e per i suoi bambini. La sua lotta che la porterà a ritrovare speranza e vita per se e per la sua famiglia e ad essere di sostegno per tante donne in Africa, cambiando un destino di morte che sembrava ineluttabile: oggi è attivista di Dream, il progetto anti-Aids promosso dalla Comunità di Sant'Egidio in Africa, e coordinatrice di uno dei centri della Comunità in Malawi. Grazie alle cure ricevute, ha una vita serena con i suoi due figli e sostiene centinaia di donne.
"Un domani per i miei bambini" è la sua autobiografia, da cui emerge la passione e la tenacia di questa donna che - come afferma nelle presentazioni del libro in queste settimana in Italia - "è nata due volte".
Una vita salvata dal sogno di una Comunità cristiana, dall'amicizia testarda, dalla capacità di sognare: "la vita - racconta l'Autrice - è come un lungo viaggio in macchina, soggetto a imprevisti. Un giorno la macchina su cui viaggiavo si è rotta all'improvviso.
Nel buio della notte. In una strada deserta. Davanti a una linea rossa. Ma proprio quando avevo cominciato a rassegnarmi, qualcuno è venuto in mio soccorso.
Si è sporcato le mani e mi ha permesso di riprendere il viaggio. La linea rossa non era più il termine, ma un punto di partenza. Da quel momento non sarei più stata sola".
La vicenda di questa donna racconta con la forza della testimonianza che la risposta alla fragilità è la forza e la forza non si trova fuori da sé: in una vita senza problemi, senza fatica, senza sacrificio, ma nel cuore, nell'amicizia, nel sogno di un futuro diverso.
E, alla fine, la storia di questa donna malata e sanata è la medicina alla malattia degli uomini del Nord ricco: perché mostra che la risposta alla fragilità, è dentro di noi.
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