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In libreria - Mordere il cielo

L'ultimo libro di Paolo Crepet

In libreria - Mordere il cielo

"Mordere il cielo. Dove sono finite le nostre emozioni" è il nuovo libro di Paolo Crepet, psichiatra e scrittore.

Per capire la metafora con cui Paolo Crepet ha intitolato il libro bisogna cogliere e spiegare le ragioni di quelle contraddizioni esistenziali a cui abbiamo dato il nome di ‘complessità’ per connotare il presente: un limbo indeterminato che contiene il tutto e il suo contrario, dal negazionismo, all’indifferenza, dalle incertezze, alle paure, al rancore, all’ignavia che ci rendono isolati e simili alle monadi di leibniziana memoria. 

L’omologazione culturale spinge verso i luoghi comuni: è più facile usare il pensiero pensato da altri che fare appello alla ragionevolezza e al pensiero pensante, dovrebbe essere questo il tabernacolo che racchiude le nostre irripetibili identità ma risulta più facile affidarsi alle idee e ai modelli già in circolazione. Questo risparmio di fatica può costarci una involuzione irreversibile. 

L’utilizzo sempre più intensivo delle tecnologie ha provocato una sorta di anestesia dell’anima e della mente mentre dai codici semantici, simbolici ed espressivi utili per comunicare va gradatamente scomparendo l’alfabeto del cuore e dei sentimenti. Crepet non nega l’utilità del progresso scientifico ma ad una condizione: che sia sempre l’uomo ad impugnare il timone della vita e a orientarne la rotta.

Crepet si fa interprete e portavoce di una distorsione esistenziale che indistintamente percepiamo senza averne sovente consapevolezza. A cominciare dall’età infantile: leggendo il libro si coglie un’attenzione particolarmente avvertita verso i bambini e le bambine. Privati della libertà di giocare in modo fantasioso e creativo, orfani delle fiabe (alle quali viene da tempo attribuito un secondo fine recondito, una trama del male e dei soprusi, secondo il politicamente corretto), adultizzati in fretta – perché tutto si deve avere presto, anzi subito- strumentalizzati dal mercato e dalle logiche commerciali e del profitto ma anche prime vittime delle distorsioni epocali e delle violenze emergenti. Crepet si riferisce senza mezzi termini alle guerre in atto di cui i minori sono le prime, più esposte vittime.

Non manca il nostro autore di rimarcare la discrasia, il gap, la frattura tra una cultura delle parole, delle narrazioni retoriche e dei documenti istituzionali che enfatizzano la primazia dell’infanzia e la realtà di un mondo che sta conculcando nei fatti il loro opposto e disapplicando queste roboanti affermazioni di principio. Bambine e bambini sono i protagonisti sottesi dello svolgersi delle pagine del libro. Ma ne sono anche gli interpreti principali, a cui Crepet presta la sua attenzione di psichiatra, sociologo ed educatore. Senza dimenticare la decadenza dei ruoli genitoriali e della famiglia, la strada intrapresa dalla scuola- già a partire da quella dell’infanzia – dove tecnologie, burocrazia, organizzazione soffocante e irregimentata svuotano il senso della funzione educativa. 

E’ doveroso rimarcare che la deriva intrapresa nel sistema scolastico italiano sta gradualmente abbandonando la tradizione educativa ereditata per abbracciare la palingenesi delle tecnologie e il loro precoce utilizzo fin dal primo livello di scolarizzazione. 

Crepet ci stimola a edificare un personale cantiere per la vita. E non è vero che si tratti di un cantiere progettato solo con e sulle parole. Per vincere il cinismo e l’insensibilità, occorre dare il via ad una radicale inversione di tendenza: “mordere il cielo”, vuol dire guardare in alto e lontano, vivificare la nostra umanità, riappropriarci di quell’alfabeto dei sentimenti che da tempo stiamo abbandonando per far posto agli interessi personali, agli egoismi, alle vuote nicchie di sopravvivenza, alle abitudini, al copia e incolla degli affabulatori e degli influencer. Perché anche le parole che accompagnano la narrazione della vita valgono e spiegano se hanno un senso e ci orientano alla ricerca della verità e del bene.

Fonte: Il Cittadino
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