31a Domenica âper annumâ (anno C), Luca 19,1-10
Il Figlio dell’uomo era venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto
In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.
In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
Il racconto dell'incontro tra Gesù e Zaccheo è una delle pagine più intense del vangelo di Luca, nella quale l'evangelista concentra temi essenziali del suo annuncio: traspare il volto di Gesù che incarna la misericordia di Dio e la sua predilezione per i peccatori, per i perduti, mentre nel gesto finale del pubblicano si fa visibile il modo autentico di usare le ricchezze. Chi è Zaccheo? Il vangelo lo caratterizza come "capo dei pubblicani e ricco", un uomo certamente poco amato a Gerico e pur noto per la sua attività di riscossione delle imposte a nome della potenza di Roma: è un uomo che nella sua funzione si è arricchito, anche frodando e richiedendo più del dovuto.
Agli occhi dei giudei è un peccatore, senza legge, e anche di fronte all'insegnamento di Gesù, riproposto con insistenza da Luca nei capitoli precedenti, appare come uno di quei ricchi per i quali "è difficile entrare nel regno di Dio" (Lc 18,24): tuttavia, se lo accostiamo alla figura del notabile ricco, che si è rivolto al Maestro (Lc 18,18-23), e se ne è andato via triste, Zaccheo ha un profilo ben diverso. A differenza del ricco, Zaccheo non è un uomo che osserva i comandamenti della Legge mosaica, anzi, come appare dalle parole finali del suo dialogo con Gesù, egli ha rubato, approfittando della sua funzione; ciò che lo avvicina al Nazareno è un desiderio così forte che, pur di vedere Gesù, corre davanti a tutti e sale su un sicomoro, con la speranza di potere almeno intravedere questo strano Maestro. La notazione di Luca riguardo a Zaccheo che "cercava di vedere Gesù" esprime una ricerca insistente, che non si arrende e probabilmente ciò che muove il pubblicano è la fama che circonda Gesù, questo originale rabbì e profeta che va proprio a cercare i peccatori come lui, destando lo scandalo dei farisei e dei dottori della legge. È questo desiderio, ben differente dalla vana curiosità di Erode Antipa (Lc 9,9 e 23,8-9) che mette in movimento il piccolo e odiato capo dei pubblicani di Gerico e che apre un varco nel suo cuore all'incontro sorprendente con Cristo. L'evangelista, infatti, ci rappresenta una sorta di sintonia tra i gesti di Zaccheo e quelli di Gesù, e in questa sintonia si esprime al meglio la conversione come incontro gratuito di due libertà che si corrispondono. Al tentativo di poter vedere Gesù, risponde il gesto del Maestro che si ferma proprio sotto il sicomoro e alza lo sguardo. È uno sguardo dal basso verso l'alto, che manifesta l'umiltà di Cristo, ed è uno sguardo che investe e abbraccia Zaccheo, penetrando nella ferita aperta del suo cuore inquieto e desideroso. Il fatto che Gesù chiami per nome quell'uomo, mai incontrato, manifesta che prima ancora della ricerca e dello sguardo di Zaccheo, è il Figlio dell'uomo che è venuto a cercare chi era perduto, e il suo sguardo misericordioso precede e supera ogni sguardo umano. Così all'invito di Cristo a scendere "subito" perché il Maestro, nell'obbedienza al disegno del Padre, deve dimorare nella casa del peccatore, segue il gesto di Zaccheo che scende "in fretta" e accoglie con gioia Gesù: la fretta e la gioia sono due segni della vicinanza di Dio, riconosciuto come amore che predilige e visita la nostra esistenza, come Luca ci ha manifestato, fin dall'inizio del suo vangelo, nella figura di Maria, che in fretta va dall'anziana Elisabetta e prorompe nel giubilo del "Magnificat", e dei pastori che, illuminati dalla grande gioia annunciata dagli angeli, vanno senza indugio a vedere il Messia nato in Betlemme.
Nella conclusione del racconto, in casa di Zaccheo, le parole del pubblicano che intende fare ciò che supera le esigenze della legge, giungendo a dare metà dei suoi beni ai poveri e a restituire quattro volte tanto ciò che ha rubato, non sono il frutto di un rimprovero del Maestro, ma sono la sovrabbondante e gratuita risposta di Zaccheo davanti all'immeritata grazia che è entrata nella sua vita: anche in questo caso le parole finali di Gesù esprimono una nascosta corrispondenza. Proprio perché "oggi per questa casa è venuta la salvezza", proprio perché Zaccheo si riscopre "figlio di Abramo", figlio dell'alleanza e della scelta di Dio, può realizzarsi anche una conversione, intesa come direzione nuova dell'esistenza nella giustizia e nella condivisione dei beni con i poveri. Ecco la vera conversione che l'incontro con Cristo rende possibile: è un movimento che accade non quale esito di una nostra "buona volontà" che intende riparare il male, ma come lieta e commossa accoglienza di una Presenza. È la presenza di Cristo, il Figlio dell'uomo appassionato del bene dei suoi fratelli uomini, il quale, prima ancora che fosse da noi desiderato e cercato, è venuto a cercare e a salvare noi perduti nella nostra miseria di peccatori.
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