La parola
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II lettura di domenica 31 gennaio - La vergine si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa

IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)

Fratelli, io vorrei che foste senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso! Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito. Questo lo dico per il vostro bene: non per gettarvi un laccio, ma perché vi comportiate degnamente e restiate fedeli al Signore, senza deviazioni.

Tenendo conto che l'esistenza terrena è breve rispetto all'eternità e quindi che è urgente essere preparati ad accogliere Cristo, anticipando per quanto possibile la condizione della perenne unione con lui, Paolo esprime il desiderio che il cristiano viva ”senza preoccupazioni” di attaccamento assoluto a quanto è soltanto temporaneo.
Ciò è più facile per chi sceglie il celibato, la verginità.
Infatti – spiega l’Apostolo – chi è sposato ha il dovere di “preoccuparsi” del coniuge ed è portato a considerarlo in primo piano, persino prima di Dio. Ma questo non deve accadere: l’amore per il coniuge deve essere tramite d’amore verso Dio. Di qui la situazione facilmente conflittuale: “si trova diviso”.
Chi sceglie di non sposarsi, per dedicarsi direttamente al Signo-re, “si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore”: il suo cuore vive già la dimensione della comunione eterna con Dio, senza intralci o possibili deviazioni.
In tal senso Paolo parla della superiorità della verginità rispetto allo stato coniugale e la suggerisce. Ma si preoccupa di precisare che si tratta di suggerimento “per il bene”, non di un monito che ponga un problema di coscienza, un problema morale: “non per gettarvi un laccio, ma per indirizzarvi a ciò che è degno e vi tiene uniti al Signore senza distrazioni”.
Ossia suggerisce uno stato di vita più consono, più completo a chi accatta di dedicarsi “alle cose del Signore”.
Il servizio del Signore è talmente assorbente che non può ammettere altre “preoccupazioni” o “distrazioni” di sorta.
Quindi la verginità, il celibato non è un bene in se stesso, in quanto stato fisico, ma crea la condizione di servizio totale, esclusivo al Signore. Conseguentemente non può essere soltanto verginità fisica, ma soprattutto spirituale, per la santità “nel corpo e nello spirito”: la verginità fisica ha valore in quanto espressione tangibile e completiva della verginità del cuore.
In tale ambito si vede come la parola di Paolo – nella prospettiva dell’eternità – si estenda anche ai coniugati: come invito ad elevare sempre più la vita coniugale, quale via che unisce a Dio e non come méta che oscuri Dio o addirittura lo sostituisca. Si direbbe: una “verginità coniugale” che liberi da tutto ciò che “distrae” dalla comunione con Dio, alla quale tutti siamo chiamati.

Fonte: Il Cittadino
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