Carta europea dei diritti fondamentali, documento da riscoprire

Grandi cambiamenti hanno interessato in questi anni il mondo e l’Europa, al punto che da più parti si è arrivati a temere la fine del mondo e, per qualcuno in questi giorni, la fine dell’Europa, ricostruita a partire dagli anni ‘50 del secolo scorso e trasformata nell’Unione Europea.

Cominciamo subito col dire che le parole vanno maneggiate con prudenza e senso della misura, evitando di annunciare con leggerezza la fine del mondo, ma senza che questo impedisca di costatare la fine di “un mondo” e, con esso, la necessità di riprogettare la futura Unione Europea.

Questo inizio secolo ha visto cambiare la mappa mondiale con l’irruzione sula scena di vecchie e nuove potenze: dalla pericolosa nostalgia imperiale della Russia di Putin alla prorompente crescita economica di Cina ed India; dalle ambizioni neo-ottomane della Turchia di Erdogan nell’area mediterranea ed oltre fino all’emergenza di nuove medie potenze provvisoriamente aggregate nel “Sud globale” alla ricerca di un ruolo nel governo del mondo.

Più recente, ma non così nuovo, il preteso protagonismo planetario degli Stati Uniti con la rielezione di Donald Trump alla presidenza che con una prima raffica di decreti esecutivi ha sparato a serio sull’impianto dei diritti e delle regole, tanto nazionali che internazionali.

È presto per dire quale sarà l’esito di tutte queste dinamiche tra loro intrecciate, ma è urgente per l’Unione Europea interrogarsi sul suo futuro, che non sarà più quello di una volta, prima che le guerre tornassero a premere sui nostri indifesi confini. La storia che avanza ci chiede di riprogettare un’Unione che, senza rinunciare ai suoi valori fondativi, quali pace, democrazia e solidarietà, sia capace di coniugare sicurezza e diritti.

La sicurezza va rafforzata perché le minacce sono reali e hanno nomi diversi: dai rischi di guerre, tradizionali o ibride, alla cattiva salute del pianeta; dal deperimento demografico di un continente invecchiato alla difficile convivenza civile in una società irreversibilmente multiculturale fino al pericoloso logoramento del nostro avanzato sistema di protezione sociale, unico al mondo.

Questi problemi l’Unione Europea li dovrà affrontare facendo leva sulla “forza del diritto”, mentre per altri nel mondo, e in questi giorni anche oltre Atlantico, sembra prevalere il “diritto della forza”, quella delle armi e delle guerre commerciali. Non sarà facile per l’UE trovare un punto di equilibrio senza rinunciare alla sua missione.

La potrà aiutare in questa faticosa ricerca una bussola fondamentale come la “Carta europea dei diritti fondamentali”, proclamata a inizio secolo e diventata un documento giuridicamente vincolante con il Trattato di Lisbona entrato in vigore a fine 2009.

Quella Carta fu il risultato di un riuscito lavoro corale cui partecipò attivamente la società civile europea in un dialogo serrato con le forze politiche democratiche e con le Istituzioni europee e nazionali.

Vale la pena rileggerla oggi e farne valere i contenuti proprio in una stagione di attacco, anche nella nostra Europa, allo Stato di diritto e in un momento in cui anche alcune Istituzioni UE sembrano esitare nella difesa ed applicazione di regole condivise, come nel caso delle tutele sociali e delle misure per la salvaguardia del pianeta.

Qualche rischio in questa direzione lo si intravede nel recente programma presentato dalla Commissione europea a gennaio per il rilancio della competitività, sulla scia delle proposte formulate nei mesi scorsi dai Rapporti di Mario Draghi ed Enrico Letta, solo in parte ripresi dalla proposta della Commissione e ad oggi privi di una adeguata copertura finanziaria.

Un cantiere importante di lavoro è stato aperto, tocca adesso ai cittadini europei cogliere l’occasione per farsi sentire e difendere diritti faticosamente conquistati ed oggi a rischio logoramento.

In passato le forze vive della società civile europea sono stati attori importanti di stimolo al cambiamento, impegnandosi nella difesa dei diritti sociali e civili.

È venuto il momento, ed è adesso, di riprogettare l’Europa dei diritti, con i cittadini pronti a scendere in campo per rispondere alle aggressioni, verbali e non solo, di cui è oggetto l’Unione Europea da più parti, non solo da est ma anche da ovest.