Caro bollette: quanto costa fare il pane oggi?
Un viaggio fra i panificatori porta alla luce la difficoltà di chi ha attività produttive da mandare avanti
Quanto costa il pane? E quanto potrebbe costare, se gli aumenti del prodotto finale fossero proporzionali a quelli delle materie prime e delle bollette che i panifici devono pagare?
E’ un tema caldo per tutti, famiglie e imprese, ma lo è ancora di più quando i rincari toccano beni di primissima necessità. Come, appunto, il pane.
Perché ci sono panifici, a Genova e nel territorio dell’area metropolitana, che hanno ricevuto bollette dell’energia elettrica quattro volte più care rispetto alla media su cui si assestava un bimestre, in epoca pre-crisi ucraina: “Ci sono colleghi”, spiega Gino Petrucco, presidente dell’Associazione Panificatori di Genova, affiliata a Confcommercio, “che pagavano 3000 euro al bimestre e ora devono pagare 12mila euro”.
Gli fa eco Katia Cosseddu, titolare di uno degli storici panifici del centro di Chiavari: “La bolletta dell’energia elettrica del mese di agosto è triplicata rispetto allo stesso mese di un anno fa. E chiaramente abbiamo tanti macchinari che devono continuare a funzionare per garantire il lavoro: impastatrici, lavastoviglie, sfogliatrici, forni elettrici, ma sono tutti indispensabili. Non potremmo farne a meno”.
C’è poi anche il rincaro delle materie prime: la farina è raddoppiata. Il prezzo finale del prodotto, però, non può crescere più di quanto non sia già cresciuto: “Per fare un esempio”, continua Cosseddu, “per rientrare dei costi dovrei vendere un panino al doppio, rispetto a quanto lo vendo oggi. Cosa che ovviamente non posso fare, perché non lavorerei”. “Gli stipendi e le pensioni sono rimasti gli stessi”, aggiunge Petrucco, “e la clientela non può spendere per il pane una cifra così elevata”.
A dover far fronte a questa situazione sono le piccole imprese, quelle a conduzione familiare o con un solo dipendente, e quelle che, invece, contano su un buon numero di collaboratori, che, però, oggi sono i lavoratori più a rischio: “Ho dieci dipendenti”, spiega Cosseddu, “e riuscire a pagare tutti gli stipendi sta diventando davvero complesso. Me lo dicono anche altri colleghi, ma non solo: sono in crisi anche le pizzerie, i ristoranti”.
“E’ doloroso lasciare a casa un collaboratore che magari è con noi da dieci anni”, aggiunge Petrucco, “ma questa sembra l’unica soluzione, a fronte di un problema che, però, non ha le reali dimensioni dell’emergenza”.
La parola “speculazione” affiora sulle labbra di tutti: “Importiamo una fetta minoritaria del grano dall’Ucraina, questi aumenti non sono reali”, incalza Petrucco, che sollecita un intervento tempestivo da parte delle istituzioni per sostenere le imprese, “perché questa situazione sta diventando insostenibile e il rischio maggiore è anche i panifici di Genova e dell’area metropolitana decidano un larga misura di chiudere, almeno per qualche tempo.
Come associazione continuiamo a chiedere un sostegno che anche se arrivasse domani sarebbe già in ritardo, perché da troppo tempo i nostri costi stanno continuando a salire e non possiamo pensare di reggere ancora per molto, soprattutto in considerazione del fatto che alcuni costi non scenderanno in futuro e altri aumenti sono già stati annunciati”.
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