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Catechesi nell'arte. L’iconografia dell’Ascensione del Signore

Una delle solennità più importanti del calendario ecclesiastico

Catechesi nell'arte. L’iconografia dell’Ascensione del Signore

L’Ascensione, assieme alla Pasqua e alla Pentecoste, è una delle solennità più importanti del calendario ecclesiastico. Celebra il momento in cui, secondo gli Atti degli Apostoli, quaranta giorni dopo la sua resurrezione, Cristo ascese al cielo.
L’Ascensione è il momento del ricongiungimento di Cristo al Padre: un “addio” al mondo che va inteso come un “andare verso Dio”, come l’abbandono della dimensione umana in cui si era calato per recuperare quella unicamente divina da cui proveniva.
La tipica iconografia dell’Ascensione (abbastanza simile a quella della Trasfigurazione, della Resurrezione e della Pentecoste) prevede che la scena venga divisa in due parti ben distinte: quella superiore con Cristo (assiso su un trono o circonfuso di luce o racchiuso da una mandorla) talvolta affiancato da angeli; quella inferiore con gli apostoli (solitamente undici, mancando Giuda) e con la Madonna.

Una fra le più antiche raffigurazioni dell’Ascensione si trova nell’Evangelario di Rabbula, detto anche Vangeli di Rabbula, un manoscritto miniato del VI secolo riportante i Vangeli in lingua siriaca. Si tratta di uno dei primi manoscritti cristiani (anche se nella sua forma attuale è stato forse composto nel XV secolo, unendo parti di testi differenti), dotato di grandi miniature, considerate tra le più preziose testimonianze della prima arte bizantina prodotte in Asia. Tali Vangeli miniati sono così chiamati perché riportano la firma di Rabbula, del quale tuttavia non si conosce la biografia.
Nella scena dell’Ascensione, Cristo, circondato da una mandorla di luce e affiancato da quattro angeli, viene trasportato verso il cielo da un carro rosso, composto da cherubini e dalle quattro figure del Tetramorfo, simboli degli evangelisti. In alto, alle due estremità, la luna (a sinistra) e il sole (a destra) simboleggiano il tempo, di cui Cristo è padrone. In basso, Maria, nella tipica posizione dell’orante, con le braccia aperte, è affiancata da due angeli; attorno a lei, si affollano gli apostoli (qui, nel numero di dodici), che assistono all’evento con fare concitato. Incornicia la scena un motivo decorativo a motivi geometrici.

Tale schema iconografico è ricorrente in tutta l’arte bizantina e lo ritroviamo sia nelle icone di età medievale sia nei mosaici che a tali icone si ispirano, come quelli della Basilica di San Marco a Venezia e del Duomo di Monreale, risalenti al XII secolo.
L’Icona dell’Ascensione, purtroppo rovinata, del pittore e miniaturista russo Andrej Rublëv (1360-1430) ripropone l’immagine di Cristo che sale al cielo, assiso nel suo cerchio di gloria, simbolo dell’universo, e sostenuto da angeli. Altri due angeli vestiti di bianco affiancano Maria e parlano agli apostoli, che con gesti contenuti esprimono il proprio stupore. La Madonna compie gesti dal consolidato significato simbolico: la sua mano sinistra, con il palmo aperto rivolto verso l’esterno, detta “mano dell’ubbidienza”, manifesta la totale disponibilità ad accogliere la volontà di chi è superiore. Maria, simbolo della Chiesa, accetta dunque l’ordine di Cristo di proseguire la sua opera sulla Terra e invita, con la propria mano destra, Pietro a fare altrettanto. Sullo sfondo, un sintetico paesaggio roccioso è punteggiato di alberelli. Il “tipo di Rublëv” dell’Ascensione ebbe un tale successo da essere riproposto in numerosi esemplari e con minime varianti, ancora per molti secoli.
In Occidente, fu Giotto (1267-1336), pittore rivoluzionario, a rompere con questo consolidato modello iconografico. Nella sua Ascensione, dipinta tra gli affreschi della Cappella degli Scrovegni a Padova, infatti, propose l’audacissima soluzione di mostrare Cristo di profilo, e non frontalmente, sospinto verso l’alto da una nuvola (quella citata dagli Atti degli Apostoli) e con le mani tagliate in alto dal bordo della cornice, in quanto prossimo a uscire dal campo visivo del fedele che osserva il dipinto.
Durante il Rinascimento, furono molti gli artisti che affrontarono il tema dell’Ascensione.
Tra questi, il grande pittore padovano Andrea Mantegna (1431-1506), che la dipinse in uno dei pannelli di un trittico, forse un tempo destinato alla cappella privata del marchese Ludovico III Gonzaga, e oggi agli Uffizi.
Verso la fine del XVI secolo, il pittore veneziano Jacopo Robusti, conosciuto come Tintoretto, dipinse nel 1578-1581 per la Scuola Grande di San Rocco a Venezia, un’Ascensione potentemente espressiva: in alto troviamo Gesù Cristo che ascende al cielo sostenuto da angeli tra rametti di palme e d'olivo che simboleggiano il trionfo. In alto a sinistra si nota la presenza di nuvole scure. Sotto si trovano gli apostoli a destra mentre a sinistra un evangelista con il libro in mano e con la testa piegata a destra. In mezzo alla composizione appaiono due figure possono essere dei missionari evangelizzatori.
Anche il pittore olandese Rembrandt (1606-1669) affrontò il tema dell’Ascensione concependo una composizione intensa dai fortissimi contrasti chiaroscurali.

Ilaria Brigati

Nella foto: Rublev, Ascensione, 1480

Fonte: Il Cittadino
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