San Cipriano, chiesa rinnovata
Intervento di restauro conservativo anche grazie all’8xmille
In epoca di dichiarazione dei redditi, torna la campagna di sensibilizzazione alla firma per l’8xmille alla Chiesa cattolica.
Questa settimana presentiamo i lavori di restauro eseguiti nella parrocchia dei Santi Cornelio e Cipriano in Val Polcevera.
Grazie ad un importante stanziamento di fondi dell’8xmille, la parrocchia dei Santi Cornelio e Cipriano, a San Cipriano di Serra Riccò in Val Polcevera, è stata oggetto di importanti interventi di restauro, resi necessari dall’ammaloramento di alcune parti della struttura.
La chiesa parrocchiale sorge sul luogo di un’antica pieve posta su un crinale che separa la Val Polcevera dalla Valle Secca, e costituisce un punto di incrocio di strade e direttrici diverse.
“L’antica chiesa – ci racconta il parroco don Marco Galli – nel corso del tempo ha subito dei cedimenti strutturali dovuti alla sua collocazione e si sono resi necessari, oggi, degli interventi volti a consolidare il terreno e la struttura stessa dell’edificio”.
Come si legge nella relazione storico artistica firmata dall’Architetto Marcello Parodi, “la chiesa fu costruita su un pago romano quando il cristianesimo era già diffuso nel genovesato, Genova aveva già da un secolo la sede vescovile”, e la Cappella di Castrofino, edificata dai primi convertiti al cristianesimo, non si prestava più alle necessità dei fedeli.
La chiesa attuale risale all’anno 1000 circa; sempre nella relazione dell’Architetto Parodi si trova descritta la struttura: “Il maestoso campanile, di stile gotico-romanico e costruito con grosse pietre da taglio, risale ad un periodo posteriore rispetto alla Chiesa, forse intorno all’anno 1100. Questo è dimostrato dalla perfetta intonacatura della porzione di muro perimetrale della Chiesa presso il quale, alla distanza di circa un palmo, è stato edificato il campanile. Essa non avrebbe potuto essere realizzata a causa della minima distanza qualora campanile e chiesa fossero stati costruiti insieme. Il fabbricato della Chiesa presentava, prima del 1612, dimensioni molto più contenute e una forma quasi quadrata e si estendeva dall'attuale balaustrata ove era presente l'antico Altare Maggiore fino al campanile, comprendendo quattro piccoli altari laterali”.
Nel tempo, fu ampliata la parte posteriore con la realizzazione del nuovo Altare maggiore in marmi policromi, del Presbiterio, delle Cappelle in capo alle navate laterali e del coro. Nel presbiterio, il dipinto su tavola che rappresenta i Santi Cornelio e Cipriano in piccole scene della loro vita, fu realizzato intorno al 1540-1550 da Giovanni e Luca Cambiaso.
Nel 1623 venne realizzato il prolungamento della chiesa nella parte anteriore e venne edificato l’altare laterale dedicato all’Angelo Custode. Coevo è anche l’altare di N.S. del Rosario.
Nel 1871 iniziarono i lavori di decorazione del coro e del presbiterio, ad opera di Giovanni Battista Buffa, del medaglione sopra l'Altare maggiore rappresentante il Padre Eterno dipinto dal veneziano Ferdinando Pavoni, degli affreschi laterali del presbiterio rappresentanti S. Cipriano nel deserto e S. Cornelio in prigione eseguiti dal Panario e le cornici e altri stucchi da parte del sig. Gerolamo Centenaro.
Tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 furono eseguite molte opere di abbellimento, e nel 1910 venne installato un nuovo organo, costruito da Gaetano Cavalli. Nel 1936 è stata rifatta la copertura della chiesa.
Come si legge nella relazione tecnica dell’Architetto Parodi, l’intervento che si è reso necessario ha previsto il “risanamento conservativo di tutto l'edificio sia dal punto di vista strutturale, al fine di migliorare la staticità compromessa in passato da alcuni fenomenti di assestamento, che da opere di restauro delle superfici dipinte interne gravemente danneggiate nel tempo da infiltrazioni e incuria”.
A causa dell’aggressione di agenti deterioranti, sulle superfici interne il progetto ha predisposto “una fase preliminare di preconsolidamento e fissaggio delle parti decoese attraverso l'utilizzo di adesivi naturali o di sintesi e un consolidamento più profondo attraverso iniezioni di malte liquide e consolidanti oraganici e inorganici”.
Un altro intervento importante è stato finalizzato alla risposta alle infiltrazioni d’acqua piovana dalla copertura. Svariate tecniche hanno permesso di sanare le superfici all’umidità.
Le fessurazioni, scrive Parodi, “presenti sulle volte in particolar modo in corrispondenza del vecchio muro perimetrale dell'edificio primitivo adiacente all'attuale presbiterio, sono state monitorate negli ultimi anni e ricondotte a fenomeni di assestamento passati, pertanto si propone una semplice stilatura dei giunti con stuccature ed eventuale ricostruzione con materiale quanto più simile all'esistente per le lacune”.
Sono stati infine ripresi i colori delle superfici dipinte con ritocchi pittorici, senza apportare modifiche ai tratti e agli stili pittorici utilizzati in passato”.
"I lavori - racconta don Marco Galli - sono iniziati grazie al contributo dell’8 × 1000, destinato al restauro di edifici religiosi, e della Sovrintendenza dei Beni Culturali: diversamente non sarebbe stato possibile affrontare spese così ingenti".
"Grazie alla volontà del mio predecessore, Don Andrea Cosma, il progetto ha preso corpo e anche grazie a una donazione privata si è potuto mettere mano ai lavori", continua ancora il parroco. "Sarebbe bello poter operare anche sul restauro degli affreschi che decorano la volta principale, essendo le due navate laterali già oggetto di un primo intervento".
La presenza della Chiesa in questi territori è radicata, e le comunità parrocchiali sono vive, anche se non hanno più la presenza del parroco residente.
"La comunità parrocchiale si è sentita coinvolta in prima persona nel progetto sia contribuendo economicamente, sia mettendosi a disposizione per agevolare il lavoro delle maestranze impegnate", dice don Marco. "Questo corrisponde bene alla vitalità della comunità parrocchiale che ho potuto iniziare a conoscere in questi primi mesi. Infatti, pur non avendo già da diversi anni il parroco residente, ha saputo mantenere viva la sua identità e il suo attaccamento alla fede e alle tradizioni trasmesse da chi è venuto prima di noi".
a cura di
Francesca Di Palma
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