Motu proprio di Papa Francesco, cosa cambia per i catechisti
Intervista a don Calabrese su ‘Antiquum ministerium’
In occasione della pubblicazione della lettera apostolica in forma di motu proprio ‘Antiquum ministerium’ che istituisce il ministero laicale del catechista, abbiamo posto alcune domande a Don Gianfranco Calabrese, direttore dell’Ufficio Catechistico Diocesano.
In che modo l’ufficio Catechistico diocesano e regionale ha accolto questa novità?
Si tratta di una novità molto attesa; già da tempo, infatti, tra uffici catechistici diocesani, si rifletteva intorno alla ministerialità del catechista. Il titolo ‘antico ministero’ dice che la Chiesa fin dall’inizio ha avuto una grande attenzione all’evangelizzazione e all’approfondimento della fede e dice anche come verità antiche devono essere sempre riviste alla luce dell’attualità. Il fatto che oggi si parli di una ufficialità mostra come la Chiesa, in un Occidente in cui il numero del clero diminuisce inesorabilmente, riconosce doni e i carismi tipici dei laici, annunciatori del Vangelo in virtù del loro battesimo. Nelle diocesi i catechisti sono una presenza significativa, la necessità è soltanto quella di dare un ordine: credo che questo documento richiami soprattutto a una seria preparazione e formazione dei catechisti.
Papa Francesco ha sottolineato che si tratta di un ministero laicale, può spiegarci meglio di che cosa si tratta e come si inserisce nella vita della Chiesa?
Come tutti gli elementi che riguardano la vita della chiesa, la clericalizzazione è intesa in senso ampio, Francesco usa questo termine sia per il clero sia per i laici: mi piace molto questa sua attenzione. A volte, bisogna dirlo, ci sono laici più clericalizzati dei preti e quindi bisogna stare attenti alla formazione di questi futuri ministri, perché capiscano che non devono perdere la loro caratterizzazione, ovvero essere dei cristiani. Non devono entrare nella logica della gratificazione o addirittura del privilegio, evitando soprattutto contrapposizione di ruolo. Tutti siamo chiamati a fare il bene della Chiesa, secondo le diversità dei carismi e dei ministeri, come presbiteri e come catechisti. Essendo istituito, il ministero del catechista richiede un cammino e riconoscimento legittimo del battesimo.
Sarà la Conferenza Episcopale a indicare un percorso per permettere di accedere a questo ministero; in che modo secondo lei avverranno questi passaggi e come potranno organizzarsi le diocesi sul territorio?
È un punto nodale, non bisogna farsi guidare da aspettative sbagliate; sollecito tutti a leggersi il motu proprio, ma guai a pensare che dall’anno prossimo molti o addirittura tutti i catechisti diventino ministri istituiti. Si tratta, infatti, del riconoscimento di una vocazione che avviene con un discernimento non obbligatorio, la singola persona può continuare a fare il catechista come prima. La conferenza episcopale darà gli strumenti, le occasioni e le possibilità affinché siano affermati il ruolo e la ministerialità. Io sogno che ci possano essere ministri istituiti che diventino preziosi collaboratori delle comunità parrocchiali che hanno sempre bisogno di formazione; possono diventare ‘formatori di formatori’, ma per fare questo ci vuole un percorso e un cammino che avrà anche un momento liturgico; essendo un ministero istituito e permanente, vale per sempre.
Il motu proprio porta alla ribalta il tema della formazione dei catechisti al quale la nostra diocesi tiene in modo particolare e che ha sempre portato avanti; in un certo senso possiamo dire di essere già preparati?
La nostra diocesi e anche gli altri uffici catechistici liguri hanno sempre lavorato intorno alla formazione dei catechisti, per questo non soltanto ci sentiamo preparati, ma abbiamo anche noi sollecitato affinché la formazione diventasse un tema a livello nazionale. Abbiamo nella nostra diocesi tantissimi catechisti generosi che fanno fatica perché la formazione sia al centro del loro servizio. Credo che il prossimo obiettivo sia integrare quello che già si fa ed è stato fatto in passato all’interno del motu proprio, ampliando anche la collaborazione tra ufficio catechistico e ufficio liturgico. La liturgia é la vita della chiesa, ci dovrà essere collaborazione per preparare questi itinerari ad esempio anche con la facoltà teologica, l’istituto superiore di scienze religiose, i centri di formazione. Fondamentale poi la collaborazione con i parroci: non possiamo istituire persone che poi si contrappongono o non fanno vita parrocchiale, perché lì sperimentano se la loro vocazione a fare il catechista è autentica.
Le chiedo infine chi potrà fare il catechista e quali sono già adesso le caratteristiche di una persona che sceglie di fare questo tipo di servizio nella Chiesa?
Direi tutti coloro che hanno intenzione di mettersi in cammino per capire se è una vocazione, anche perché quella del catechista è una scelta permanente di fede e di volontariato. Questo non toglie il consueto mandato ai catechisti, non ci devono essere catechisti di serie a o b, l’annuncio della fede è di tutti i cristiani, tutti sono evangelizzatori: alcuni di loro possono scegliere di aiutare ad approfondire la fede, mettendosi a servizio della diocesi e delle parrocchie per far sì che la catechesi diventi un punto fermo di attenzione. Il ministero istituito è profetico, ricorda sempre l’importanza della catechesi. Credo si debba lavorare non per avere per forza tanti catechisti istituiti, ma perché siano motivati e preparati. Il motu proprio del Papa ha messo in atto un processo, il fatto che se ne parli è già un segno, credo sia importante lasciarsi guidare da questo processo adattandosi alle variazioni.
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