Don Fully e i Diaconi Francesco e Gabriele in missione in Centrafrica
Testimonianza del Rettore del Seminario. Bellezza e vitalità della Chiesa africana - Prima parte
Siamo arrivati in Centrafrica proprio nel giorno in cui a Genova, come in tutte le Diocesi del mondo, si è aperto il Giubileo. Siamo partiti in tre: io, Rettore del Seminario e i due diaconi Don Gabriele Barbieri e don Francesco Quell’Oller. Siamo volati via Roma e Addis Abeba nella capitale Centrafricana Bangui, dove ad accoglierci c’era il Vescovo di Bouar Mons. Mirek Gucwache, che dopo un rapido pranzo ci ha guidato letteralmente per sette ore fino alla sua diocesi di Bouar avvolti in una nuvola di polvere rossa che mai ci avrebbe lasciato per questi giorni.
Cosa ci fa laggiù il Rettore coi diaconi? A cercare il pericolo come i medici? No, tranquilli! Certamente saprete che da un paio d’anni le esperienze missionarie fanno parte della formazione al presbiterato; quest’anno andiamo un pò a conoscere l’Africa anche grazie al diacono Francesco Quell’Oller, figlio di missionari laici di Pontedecimo, legati ai Frati Cappuccini che hanno missioni in Centrafrica nella Diocesi di Bouar. La Famiglia del diacono Quell’Oller, per onorare la scomparse del papà Flavio Quell’Oller, ha fondato l’a associazione Ita Kwe (Fratello di tutti) che aiuta molto le missioni. Quindi la connessione è stata immediata! Il Vescovo Mirek aveva ha caldeggiato e spalleggiato la nostra visita preparata con le sue in Italia (vi ricordate la sua presenza il 29 agosto alla Guardia?).
È venuto a prenderci all’aeroporto di Bangui e dopo averci fatto sostare a Bouar il mattino dopo ci ha portato a Bocaranga, la parrocchia missione dei frati cappuccini nel pieno della “Brus”, la Savana Africana nella zona a nord del Centrafrica.
Altre cinque ore abbondanti di macchina, tutto sterrato, anche se la stagione secca permette un rapido avanzamento fra enormi buche. Scopriamo qua le doti “rallystiche” del vescovo, infaticabile. Raggiungiamo la missione di Bocaranga dove Flavio Quell’Oller ha prestato servizio come missionario laico negli anni 80. Emozionante ripercorrere le sue orme, conoscere la comunità di frati che ha vissuto con lui, vedere la quantità incredibile di bene che i frati uniti alle suore della Carità fanno in questo posto così sperso nel cuore dell’Africa. Le scuole per insegnare un lavoro, le scuole vere e proprie, l’ospedale. Sono gli unici avamposti presenti in questa zona. Anche il governo si appoggia e incoraggia loro. Lo sforzo è sovrumano. Lo stile è evangelico.
Qua non c’è corrente, tutto funziona con pannelli solari o generatori. Occorre centellinare energia, acqua, tutto insomma. Ma l’entusiasmo di questa gente e queste chiese è alle stelle. Attraversiamo nella notte decine di villaggi dove si cucina a legna davanti a casa. Piccoli fuochi fatui che danzano nella notte. Piccole luci appaiono qua e là frutto di pannelli solari collegati a lampade, segno evidente della tecnologia cinese che si sta insinuando lentamente.
L’unica potente luce nella Savana proviene dal campo dell’Onu, onnipresente qua. Siamo in zona di guerra, lo ricordiamo, o meglio ora di pace grazie all’Onu e grazie anche a milizie armate delle Wagner che molto riservate controllano che non arrivino i ribelli dal nord. Siamo in zone di confine. “Siamo in pace con tutti” dicono i frati. E la situazione è da alcuni anni pacifica. Fino a quando? Ma questo a noi interessa poco. Alla sera del 31 dicembre arriviamo a Bocaranga per la veglia e la Messa. Dalle 20.30 alle 22 almeno mille persone cantano e recitano il rosario nella chiesa di Bocaranga, aspettando il Vescovo che alle 22 inizia la celebrazione. Lascio solo immaginare le due ore di messa che filano via fra canti entusiastici e catechisti che faticano a tenere un numero di bambini enorme. A mezzanotte termina la Messa con la benedizione del Vescovo e esplode la festa fatta di …gente! Un pentolone di caffè aveva allietato chi lo desiderava. Il buio è del resto imponente. Solo la chiesa, grazie al generatore, è illuminata. E i frati alle 12.30 spengono tutto, perché alle sei del mattino ci sarà già la Messa. Non dormiremo fino a tardi.
Alle sette infatti siamo già di nuovo in Jeep col vescovo per Bezarè. 20 chilometri di sterrato duro per inoltrarci ancora di più nella “Brus” nella Savana. Sterrato è un eufemismo; il vescovo guida in una strada appena accennata e devastata dall’acqua e dalla non curanza. Arriviamo al villaggio dove si sono radunate centinaia di persone anche dai villaggi vicini. Altre due ore abbondanti di Messa, gioiosa, partecipata alla maniera africana, con processione finale piena di doni “per il vescovo” che altro non sono che un pranzo per una festa condivisa. Ragazze che danzano, catechisti tutti schierati. È una Chiesa che davvero si fa vicina ovunque, anche nell’angolo più sperso del Centrafrica.
Siamo infatti all’incrocio tra Centrafricana, Camerun e Ciad. Altopiano della Savana, siamo a 1100 metri, il sole picchia ma il vento soffia forte. Nemmeno una goccia di sudore a 31 gradi. Condividiamo i doni e ritorniamo subito A Bocaranga. Altri due giorni a conoscere le opere e le esperienze portate avanti da P. Cirillo (80 anni) P. Cipriano (90 anni) assolutamente liguri, insieme a P. Thomas polacco e Juan Ivo centrafricano.
Ma la cosa che colpisce di più è certamente la scuola per catechisti. 26 i presenti con le loro famiglie a vivere sei mesi insieme e prepararsi per fare i catechisti di villaggio. Ogni villaggio nella Savana ha il suo catechista responsabile della Chiesa (quante ne hanno costruite i padri in questi anni!) della comunità della catechesi della preghiera, aspettando il Padre quando può arrivare, certamente non tutte le domeniche. Certo che il 1 gennaio vedere quelle centinaia di persone percorrere chilometri a piedi per la Messa fa un po venire i brividi, pensando a noi in Italia. Certo, altre situazioni ma… fanno riflettere.
Dopo tre giorni a Bocaranga (il Vescovo Mirek ci ha subito lasciato il 1 gennaio appena rientrati dal villaggio….) ritornati alla capitale della Diocesi e della Provincia Bouar. Di nuovo ospiti dai Francescani, la Curia che raduna Centrafricana e Ciad. Abbiamo visitato lo studentato di Capuccini e diocesani e la nuova Facoltà di Filosofia riconosciuta addirittura dallo Stato.
Nel campo della formazione potrebbero aprirsi scenari inediti nel cammino di autonomia della Chiesa africana e di cui la diocesi potrebbe continuare a essere protagonista.
Trovandoci qua, la provvidenza ci fa assistere alle ordinazioni dei Frati Carmelitani col loro vescovo in Centrafrica, p. Aurelio Gazzera. Altro trionfo di folla, un’ordinazione durata tre ore e mezza, canti, processioni… pensarlo in Italia è impossibile. I due diaconi felici a incontrare tutti i loro compagni di studi carmelitani. L’impronta ligure di Arenzano è ancora una volta fortissima in Centrafrica. Qui mi fermo e proseguirò con la seconda settimana che ci aspetta. La nuvola rossa ci accompagna durante il giorno. Pur essendoci un gran vento, qua sull’altipiano la vista non è limpida e lunga; è come ci fosse una nebbia rossa che circonda l’orizzonte; la polvere rossa alzata dal vento, il vento che spinge una polvere che sa di deserto. Il tema della desertificazione potrebbe essere uno dei cento da affrontare. Il deserto avanza e sospinge a sud le popolazioni in fuga. Affamate. Disposte a tutto. Affiancate da chi ha in mente di approfittare per prendere dal territorio ciò che gli serve: le terre coi preziosi minerali.
Il rischio di guerra qua è palpabile. Questo è uno dei tanti scenari della guerra che nel mondo si combatte ma che poco ci raccontano. Dove i potenti sui loro troni mandano a morire i poveri per guadagnarci sopra, come in tutte le guerre. Ma a noi, di loro, non ci interessa direttamente almeno per ora, li ricordiamo solo all’ora dei vespri.
La nuvola rossa che ci avvolge la sentiamo come fosse il rosso dello Spirito che ci spinge a cercare nuove vie per portare il Vangelo, per portare Speranza a terre che in apparenza ne hanno poca. Avvolti dallo Spirito andiamo in cerca di forza e per formare presbiteri capaci di amare a 360 gradi, a ogni latitudine e in ogni condizione. La polvere rossa che ci rimane appiccicata ogni dove ci accompagni sempre nella ricerca di nuove vie per annunciare il Vangelo.
Alla prossima, cari lettori!
*Rettore del Seminario Arcivescovile di Genova
Non sei abilitato all'invio del commento.
Effettua il Login per poter inviare un commento