Verso la settimana sociale. Democrazia ed economia
Globalizzazione e poche regole sul mercato creano oggi grandi ingiustizie fra Paesi
Nell'imminenza della 50ma Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, dal 3 al 7 luglio a Trieste, proponiamo alcune riflessioni del Prof. Massimiliano Costa, Coordinatore dell'Ufficio Scuola della Diocesi, sui temi principali che saranno dibattuti nell'ambito dei lavori assembleari.
Negli ultimi decenni le democrazie occidentali hanno dovuto far fronte a crisi economiche e a una riconfigurazione profonda delle economie nazionali perché molto interconnesse con l’economia globale. Come spesso ci ha fatto riflettere il Papa, il processo economico della globalizzazione non è governato, e le regole del mercato lasciate a loro stesse provocano le grandi ingiustizie tra paesi etra classi sociali cui assistiamo oggi. La trasformazione dell'economia mondiale non trova un corrispettivo in istituzioni internazionali in grado di orientare e regolamentare le dinamiche della produzione, del commercio, del lavoro e soprattutto della finanza. L'equilibrio tra democrazia e mercato, che aveva contraddistinto le politiche pubbliche in gran parte dei paesi occidentali, è stato messo in discussione da politiche neo-liberiste centrate sul primato del mercato e dal processo di finanziarizzazione dell'economia. Ciò ha portato ad adottare politiche pubbliche restrittive che hanno ridotto l’efficacia del sistema di welfare, spostando risorse e fiscalità a favore dei consumi privati e puntando sulla privatizzazione dei servizi sociali, sanitari, assistenziali. Il risultato è stato l’insorgere di nuove forme di diseguaglianza che hanno profondamente condizionato la partecipazione democratica e la visione sociale della politica.
Per punti proviamo ad enumerare alcune questioni che sono il presupposto relazionale tra democrazia ed economia.
- Troppo spesso è il sistema economico a orientare, influenzare e condizionare il sistema politico. Alcune aziende sono più “potenti” in senso ampio di moltissimi stati e ciò chiaramente deforma moltissimo il concetto base della democrazia. Vediamo le difficoltà anche concrete e reali su cui ci si sta imbattendo, come comunità internazionale, per avviare quella transizione energetica l’unica che può garantire la vita sul nostro pianeta.
- Per la vitalità della democrazia è essenziale un ruolo dei sindacati e delle associazioni di categoria, dei corpi intermedi, per rappresentare uno stimolo alla politica nella progettazione di interventi collettivi utili allo sviluppo sostenibile (rigenerazione urbana, welfare locale inclusivo, riutilizzo beni comuni). Inoltre crediamo ancora essenziale l’attenzione al mondo del lavoro per ricercare stabilità contrattuale, giusta retribuzione, lotta al caporalato e allo sfruttamento e per questo appare indispensabile un profondo rinnovamento delle realtà “sindacali” nei confronti delle quali la sfiducia è davvero alta e diffusa.
- Da anni si sente parlare di allargare la partecipazione dei lavoratori alla gestione aziendale, è una grande sfida già praticata in alcuni paesi come la Germania. Forse così ci si potrebbe avvicinare a quella “democrazia economica” che in molti cercano di proporre e che il sistema capitalistico da solo non riesce a realizzare. Anche modi diversi di fare impresa quali la cooperazione, o gli enti non profit del terzo settore, pur rappresentando un segnale che un’altra economia è possibile, non sempre sono riusciti a realizzare un modello inclusivo dei lavoratori nella partecipazione aziendale.
- Infine la crisi demografica che caratterizza i Paesi occidentali più sviluppati, il nostro innanzitutto, le marcate diversità territoriali, per esempio quelle tra i centri e le periferie, le città e le campagne, i “nord” ed i “sud” di ogni paese, l’incidenza dell’immigrazione, indispensabile se governata in processi di integrazione, emotivamente dirompente quando si sviluppano false propagande d’odio, queste ed altre situazioni incidono fortemente sul rapporto tra le economie e le democrazie. Per non parlare della penetrazione delle reti mafiose nelle economie locali capaci di mutare il destino di interi territori. Solo una pianificazione strategica partecipata che vede la società civile a fianco di quella economica e politica può creare davvero uno sviluppo locale efficace e rispettoso della dignità delle persone. Gli esempi virtuosi in questo senso non mancano, devono essere riconosciuti e sostenuti e possibilmente ampliati e divulgati. Il ruolo della “economia civile” è fondamentale, costituisce fattore di sviluppo, di integrazione e di partecipazione dal basso, è un esempio di una potenziale connessione con una rinnovata stagione democratica.
In senso generale però dobbiamo continuare ad essere capaci di intervenire nei nostri territori ma contemporaneamente guardare al mondo intero, piccolo e grande. Dobbiamo cogliere con serietà l’ammonimento che in tanti modi il Papa ci fa sul nostro modello di sviluppo, non più compatibile con la giustizia, il rispetto di ogni persona, la dignità umana. “Finché non si risolveranno radicalmente i problemi dei poveri, rinunciando all’autonomia assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria e aggredendo le cause strutturali della inequità, non si risolverà nessun problema. L’inequità è la radice dei mali sociali” (Francesco EG. 202)
Massimiliano Costa
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